METEO, CLIMA E
TEMPERATURA PERCEPITA
Ivan Spelti (4/5/2018)
Stiamo aspettando che arrivi il
caldo e dunque prepariamoci. E prepariamoci anche alle notizie sempre allarmanti, che sembrano voler
preoccupare in particolare i vecchietti che
si leggono tutti i giornali al fresco dei centri commerciali. L’ultima, in
ordine, è la sciocchezza sulla temperatura “percepita”. Il termometro serve
solo per poter dire: si va beh! sono 40°
ma ne sentiamo 50°! Notizia viatico di coccoloni, perché 50° o più sono roba da
deserto! E si sa che i vecchietti, anziché starsene in casa, sono sempre in
giro e cercano di socializzare anche col caldo, disquisendone e a volte
facendosene un grave problema.
Vediamo dunque di affrontare l’argomento.
Intanto va detto che il termine temperatura percepita non esiste nei termini in
cui viene comunemente intesa. Il termine corretto è “indice di calore” o “sensazione termica”, un parametro che collega
la temperatura dell’aria all’umidità presente (e al vento).
Un tizio (Dr. Steadman) pensò
tempo fa che fosse utile indicare una temperatura “virtuale”, che fosse più
bassa di quella reale in caso di bassa umidità, per segnalare che si
“sopportava” meglio, e più alta di quella reale in caso di umidità elevata (
per denotare il maggior pericolo per noi).
Ad esempio. Ci sono 35°, ma con
l’umidità elevata noi soffriamo come se ce ne fossero 38°: se volete chiamarla
temperatura percepita non fate peccato, ma sia chiaro che quei 38° non esistono.
Sulla nostra pelle si sente solo
la temperatura dell’aria e basta. Dire “è come se” vuol dire che in realtà “non
è”. Poiché non esiste un tasso nullo di umidità bisogna sempre associare il
valore della temperatura dell’aria all’umidità.
Quindi questa temperatura “percepita”
(che è soggettiva e non generalizzabile) a quale umidità si riferisce? Uno che
legge un giornale all’ombra, un muratore al sole, e così via, avrà percezioni
diverse. Quando i media sparano numeri fanno disinformazione o informazione
errata e sensazionalismo.
Gli unici riferimenti validi per
non dire sciocchezze sono il termometro, l’igrometro e l’anemometro.
Tutta questa confusione nasce dal
fatto che il nostro corpo usa l’evaporazione dei liquidi della pelle per
raffreddarsi, qualora ce ne sia bisogno. L’evaporazione sottrae calore al
corpo: se soffiate su una mano bagnata sentite più fresco. Questa evaporazione
avviene tanto meglio e tanto più quando l’aria è secca o poco umida. Il caldo
“secco” si sopporta meglio perché il nostro corpo ha maggiore possibilità di
difendersi e il senso di disagio è minore. Se l’aria è invece umida,
l’evaporazione del sudore avviene con maggiore difficoltà, il calore viene
smaltito di meno e si accumula. Uguale ad un’auto che abbia un radiatore in
panne. Ecco quindi il maggior senso di malessere, possibilità di malori, colpi
di calore, in crescente sequenza di gravità. Tutto qui.
Se poi vogliamo aggiungere che quest’anno
lo percepiamo particolarmente caldo, che
si sentono effetti di riscaldamento globale, che veramente non ci sono più le
mezze stagioni ma le stagioni in genere, e altro, ci sta. Quindi due parole
anche su questi argomenti.
Quando abbiamo parlato su questa
pagina dell’atmosfera terrestre ci
eravamo ripromessi di tornare sull’argomento trattando del clima del nostro
pianeta, sul quale la recente conferenza di Parigi, presenti i leader mondiali,
ha tentato un difficile accordo per la limitazione dei danni dovuti al
riscaldamento globale. In Italia si sono levate voci, cosiddette autorevoli,
per minimizzare il problema e altre, al contrario, per dire che è inderogabile
prendere di petto il tema e giungere ad
accordi mondiali ormai indilazionabili. Come sempre, gli schieramenti sono
contrapposti e ciascuno mette in campo le sue convinzioni, spesso diametralmente
opposte.
Occorre subito fare chiarezza
sulla distinzione tra meteo e clima, ossia tra previsioni locali a breve scadenza e le stesse previsioni
a media-lunga scadenza: le prime riguardano la meteorologia dell’oggi e del
domani immediato (che tempo farà a Reggio fra 2 giorni ?), con estrapolazioni
massime a 5-7 giorni, le seconde sono arricchite da dati secolari, millenari e
ultramillenari, storicizzati e caricati
di conseguenze in base a dati statistici di larghissimo respiro.
Il CLIMA è lo stato medio del
tempo atmosferico a varie scale spaziali (locale, regionale, nazionale,
continentale, o globale) rilevato nell’arco di almeno 30 anni e integrato dalle
caratteristiche climatiche di centinaia-migliaia d’anni in una certa zona. La
parola deriva dal greco e vuol dire “inclinato”: infatti il clima è
massimamente funzione dell’inclinazione dei raggi solari sulla superficie
terrestre, che varia con la latitudine. Flora e fauna sono in fasce climatiche
comuni sul nostro globo (foreste pluviali e temperate, deserti, banchisa
polare, steppe, ecc…), con variazioni periodiche stagionali comuni. Ecco perché
una prima importante distinzione è
quella tra clima e meteorologia locale.
Ascoltiamo una prima voce, nella
quale si esprime scetticismo sulle previsioni drammatiche fatte sul
riscaldamento del pianeta. E’ quella del prof. Zichichi, che critica il metodo
con cui si pretende, a suo dire, di sapere cosa avverrà al nostro pianeta tra
10-50 anni. Alla domanda se esiste un modo rigorosamente scientifico di trattare
l’evoluzione del clima, risponde che non si può fare. Nessuno potrà mai
scrivere l’equazione dell’evoluzione del clima. Non ci resta che costruire
“modelli ad hoc”; ma i modelli non sono la verità scientifica, e in fondo sono
l’equivalente delle chiacchiere. Le previsioni si possono fare per domattina,
se le facciamo a 15 giorni rischiamo di dire corbellerie: figuriamoci le
previsioni a 10 anni! Funziona bene solo il “now casting”, vale a dire le
previsioni a brevissima scadenza (poche ore) su un certo territorio. E poi,
occorre non demonizzare l’anidride carbonica (vecchio nome del biossido di
carbonio, la famosa ci-o-due), che è cibo per le piante e garantisce la vita
vegetale: siccome la vita animale è venuta dopo quella vegetale, se non ci
fosse, non saremmo qui.
L’effetto serra non è nostro
nemico e non va demonizzato: ne abbiamo bisogno altrimenti la temperatura della
Terra sarebbe di 18 gradi sottozero! Esso ci “regala” ben 33 gradi in più
portando a +15° la temperatura media del pianeta. Fin qui le considerazioni di Zichichi.
Qualcuno ha detto, invece: “ se
ci troviamo di fronte a un cadavere con un foro nella testa, non possiamo
ostinarci a credere che l’uomo di fronte a lui con la pistola fumante non sia
l’assassino”.
Dopo aver dato la parola agli
scienziati scettici, una prima considerazione fatta da Marco Cattaneo,
direttore del celebre mensile “Le Scienze”, è stata quella di accusare Zichichi
di confondere meteorologia e studio del clima ostinandosi ad applicare alla
prima le famose equazioni differenziali irrisolvibili pensando che fossero
applicabili all’evoluzione climatica. Come si vede, le accuse si sprecano a
vicenda.
Possiamo, in questa confusione,
mettere qualche punto fermo per continuare a capire?
Una risposta recentissima viene
da Carlo Rovelli, il fisico autore di best seller in questi ultimi anni e che non ha certo remore nell’esporsi
mediaticamente. Sue parole. Chi dice che non abbiamo certezze assolute riguardo
al futuro del clima del pianeta dice il vero, ma non è corretto dire che un
pericolo non è grave perché non siamo matematicamente certi che arrivi. Se
scopriamo che una bomba è rimasta inesplosa sotto un parco giochi per bambini,
non la lasciamo lì perché forse potrebbe anche non scoppiare. Se c’è un
incendio in cantina, prendiamo l’estintore, chiamiamo i vigili del fuoco, scappiamo
di casa… E continua. E’ un fatto accertato che la Terra si sta riscaldando
rapidamente e che ciò è da attribuire in modo considerevole all’attività umana.
Prevedere il futuro del clima è difficile, ma le proiezioni parlano di un
aumento di temperatura di 4-5 gradi entro il secolo, se non viene preso alcun
provvedimento. Le catastrofi dei prossimi decenni potrebbero essere molte e
notevoli. Cambiamenti di temperatura di questa entità hanno prodotto in passato
estinzioni di massa, anche se per la Terra come pianeta sono piccole
fluttuazioni. E’ per l’umanità il disastro: potremmo avere allagamenti delle
città di mare, nelle grandi pianure, desertificazione, crollo della produzione
agricola, carestie, uragani, fame e guerra ovunque. Non stiamo parlando degli
orsi polari, ma della vita dei nostri figli! Un’azione comune dell’umanità
potrebbe almeno dimezzare le emissioni di ci-o-due e tenere il riscaldamento in
aumento entro i 2 gradi, limitando i danni peggiori, anche se non per tutti. Quindi, anche se non abbiamo certezze, dovremo
prendere una decisione. Ignorare l’allarme e far finta di niente perché “non
siamo sicuri” è l’equivalente dell’atteggiamento di Schettino perché tanto
facendo l’inchino “non era sicuro di andare a sbattere”. Esiste quindi una
responsabilità precisa degli uomini che consiste nel minimizzare il corso degli
eventi e restare inerti.
Di certo c’è ormai consenso
scientifico (97% degli scienziati, dati 2015) in riferimento al problema reale
del riscaldamento globale del pianeta, nel senso della convergenza di prove
(carote di ghiaccio, pollini, anelli negli alberi, coralli, scioglimento dei
ghiacci e delle calotte polari, innalzamento dei mari, aumento della ci-o-due, perdita
della biodiversità, ecc…). Quindi il problema reale è intervenire, almeno per
rispettare questa soglia dei 2 gradi.
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