sabato 15 settembre 2018

TEMPERATURA PERCEPITA ?


 
METEO, CLIMA E TEMPERATURA PERCEPITA

Ivan Spelti (4/5/2018)

 

Stiamo aspettando che arrivi il caldo e dunque prepariamoci. E prepariamoci anche alle notizie  sempre allarmanti, che sembrano voler preoccupare in particolare i vecchietti  che si leggono tutti i giornali al fresco dei centri commerciali. L’ultima, in ordine, è la sciocchezza sulla temperatura “percepita”. Il termometro serve solo per poter dire: si va beh!  sono 40° ma ne sentiamo 50°! Notizia viatico di coccoloni, perché 50° o più sono roba da deserto! E si sa che i vecchietti, anziché starsene in casa, sono sempre in giro e cercano di socializzare anche col caldo, disquisendone e a volte facendosene un grave problema.
 

  

 

Vediamo dunque di affrontare l’argomento. Intanto va detto che il termine temperatura percepita non esiste nei termini in cui viene comunemente intesa. Il termine corretto è “indice di calore” o “sensazione termica”, un parametro che collega la temperatura dell’aria all’umidità presente (e al vento).

Un tizio (Dr. Steadman) pensò tempo fa che fosse utile indicare una temperatura “virtuale”, che fosse più bassa di quella reale in caso di bassa umidità, per segnalare che si “sopportava” meglio, e più alta di quella reale in caso di umidità elevata ( per denotare il maggior pericolo per noi).

Ad esempio. Ci sono 35°, ma con l’umidità elevata noi soffriamo come se ce ne fossero 38°: se volete chiamarla temperatura percepita non fate peccato, ma sia chiaro che quei 38° non esistono.

Sulla nostra pelle si sente solo la temperatura dell’aria e basta. Dire “è come se” vuol dire che in realtà “non è”. Poiché non esiste un tasso nullo di umidità bisogna sempre associare il valore della temperatura dell’aria all’umidità.

Quindi questa temperatura “percepita” (che è soggettiva e non generalizzabile) a quale umidità si riferisce? Uno che legge un giornale all’ombra, un muratore al sole, e così via, avrà percezioni diverse. Quando i media sparano numeri fanno disinformazione o informazione errata e sensazionalismo.



Gli unici riferimenti validi per non dire sciocchezze sono il termometro, l’igrometro e l’anemometro.

Tutta questa confusione nasce dal fatto che il nostro corpo usa l’evaporazione dei liquidi della pelle per raffreddarsi, qualora ce ne sia bisogno. L’evaporazione sottrae calore al corpo: se soffiate su una mano bagnata sentite più fresco. Questa evaporazione avviene tanto meglio e tanto più quando l’aria è secca o poco umida. Il caldo “secco” si sopporta meglio perché il nostro corpo ha maggiore possibilità di difendersi e il senso di disagio è minore. Se l’aria è invece umida, l’evaporazione del sudore avviene con maggiore difficoltà, il calore viene smaltito di meno e si accumula. Uguale ad un’auto che abbia un radiatore in panne. Ecco quindi il maggior senso di malessere, possibilità di malori, colpi di calore, in crescente sequenza di gravità. Tutto qui.
 
 

Se poi vogliamo aggiungere che quest’anno lo percepiamo  particolarmente caldo, che si sentono effetti di riscaldamento globale, che veramente non ci sono più le mezze stagioni ma le stagioni in genere, e altro, ci sta. Quindi due parole anche su questi argomenti.

Quando abbiamo parlato su questa pagina  dell’atmosfera terrestre ci eravamo ripromessi di tornare sull’argomento trattando del clima del nostro pianeta, sul quale la recente conferenza di Parigi, presenti i leader mondiali, ha tentato un difficile accordo per la limitazione dei danni dovuti al riscaldamento globale. In Italia si sono levate voci, cosiddette autorevoli, per minimizzare il problema e altre, al contrario, per dire che è inderogabile prendere di petto il tema  e giungere ad accordi mondiali ormai indilazionabili. Come sempre, gli schieramenti sono contrapposti e ciascuno mette in campo le sue convinzioni, spesso diametralmente opposte.

Occorre subito fare chiarezza sulla distinzione tra meteo e clima, ossia tra previsioni  locali a breve scadenza e le stesse previsioni a media-lunga scadenza: le prime riguardano la meteorologia dell’oggi e del domani immediato (che tempo farà a Reggio fra 2 giorni ?), con estrapolazioni massime a 5-7 giorni, le seconde sono arricchite da dati secolari, millenari e ultramillenari, storicizzati  e caricati di conseguenze in base a dati statistici di larghissimo respiro.

Il CLIMA è lo stato medio del tempo atmosferico a varie scale spaziali (locale, regionale, nazionale, continentale, o globale) rilevato nell’arco di almeno 30 anni e integrato dalle caratteristiche climatiche di centinaia-migliaia d’anni in una certa zona. La parola deriva dal greco e vuol dire “inclinato”: infatti il clima è massimamente funzione dell’inclinazione dei raggi solari sulla superficie terrestre, che varia con la latitudine. Flora e fauna sono in fasce climatiche comuni sul nostro globo (foreste pluviali e temperate, deserti, banchisa polare, steppe, ecc…), con variazioni periodiche stagionali comuni. Ecco perché una prima importante distinzione  è quella tra clima e meteorologia locale.
 
 

Ascoltiamo una prima voce, nella quale si esprime scetticismo sulle previsioni drammatiche fatte sul riscaldamento del pianeta. E’ quella del prof. Zichichi, che critica il metodo con cui si pretende, a suo dire, di sapere cosa avverrà al nostro pianeta tra 10-50 anni. Alla domanda se esiste un modo rigorosamente scientifico di trattare l’evoluzione del clima, risponde che non si può fare. Nessuno potrà mai scrivere l’equazione dell’evoluzione del clima. Non ci resta che costruire “modelli ad hoc”; ma i modelli non sono la verità scientifica, e in fondo sono l’equivalente delle chiacchiere. Le previsioni si possono fare per domattina, se le facciamo a 15 giorni rischiamo di dire corbellerie: figuriamoci le previsioni a 10 anni! Funziona bene solo il “now casting”, vale a dire le previsioni a brevissima scadenza (poche ore) su un certo territorio. E poi, occorre non demonizzare l’anidride carbonica (vecchio nome del biossido di carbonio, la famosa ci-o-due), che è cibo per le piante e garantisce la vita vegetale: siccome la vita animale è venuta dopo quella vegetale, se non ci fosse, non saremmo qui.

L’effetto serra non è nostro nemico e non va demonizzato: ne abbiamo bisogno altrimenti la temperatura della Terra sarebbe di 18 gradi sottozero! Esso ci “regala” ben 33 gradi in più portando a +15° la temperatura media del pianeta.  Fin qui le considerazioni di Zichichi.

Qualcuno ha detto, invece: “ se ci troviamo di fronte a un cadavere con un foro nella testa, non possiamo ostinarci a credere che l’uomo di fronte a lui con la pistola fumante non sia l’assassino”.

Dopo aver dato la parola agli scienziati scettici, una prima considerazione fatta da Marco Cattaneo, direttore del celebre mensile “Le Scienze”, è stata quella di accusare Zichichi di confondere meteorologia e studio del clima ostinandosi ad applicare alla prima le famose equazioni differenziali irrisolvibili pensando che fossero applicabili all’evoluzione climatica. Come si vede, le accuse si sprecano a vicenda.

Possiamo, in questa confusione, mettere qualche punto fermo per continuare a capire?

Una risposta recentissima viene da Carlo Rovelli, il fisico autore di best seller in questi ultimi anni  e che non ha certo remore nell’esporsi mediaticamente. Sue parole. Chi dice che non abbiamo certezze assolute riguardo al futuro del clima del pianeta dice il vero, ma non è corretto dire che un pericolo non è grave perché non siamo matematicamente certi che arrivi. Se scopriamo che una bomba è rimasta inesplosa sotto un parco giochi per bambini, non la lasciamo lì perché forse potrebbe anche non scoppiare. Se c’è un incendio in cantina, prendiamo l’estintore, chiamiamo i vigili del fuoco, scappiamo di casa… E continua. E’ un fatto accertato che la Terra si sta riscaldando rapidamente e che ciò è da attribuire in modo considerevole all’attività umana. Prevedere il futuro del clima è difficile, ma le proiezioni parlano di un aumento di temperatura di 4-5 gradi entro il secolo, se non viene preso alcun provvedimento. Le catastrofi dei prossimi decenni potrebbero essere molte e notevoli. Cambiamenti di temperatura di questa entità hanno prodotto in passato estinzioni di massa, anche se per la Terra come pianeta sono piccole fluttuazioni. E’ per l’umanità il disastro: potremmo avere allagamenti delle città di mare, nelle grandi pianure, desertificazione, crollo della produzione agricola, carestie, uragani, fame e guerra ovunque. Non stiamo parlando degli orsi polari, ma della vita dei nostri figli! Un’azione comune dell’umanità potrebbe almeno dimezzare le emissioni di ci-o-due e tenere il riscaldamento in aumento entro i 2 gradi, limitando i danni peggiori, anche se non per tutti.  Quindi, anche se non abbiamo certezze, dovremo prendere una decisione. Ignorare l’allarme e far finta di niente perché “non siamo sicuri” è l’equivalente dell’atteggiamento di Schettino perché tanto facendo l’inchino “non era sicuro di andare a sbattere”. Esiste quindi una responsabilità precisa degli uomini che consiste nel minimizzare il corso degli eventi e restare inerti.

Di certo c’è ormai consenso scientifico (97% degli scienziati, dati 2015) in riferimento al problema reale del riscaldamento globale del pianeta, nel senso della convergenza di prove (carote di ghiaccio, pollini, anelli negli alberi, coralli, scioglimento dei ghiacci e delle calotte polari, innalzamento dei mari, aumento della ci-o-due, perdita della biodiversità, ecc…). Quindi il problema reale è intervenire, almeno per rispettare questa soglia dei 2 gradi.
 

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