venerdì 14 settembre 2018

INQUINAMENTO LUMINOSO


 
L’INQUINAMENTO LUMINOSO
Ivan Spelti (6/2/2018)

Oltre all’inquinamento dell’aria esistono  altri diversi tipi di inquinamento (dell’acqua, del suolo, acustico, luminoso). Laddove si definisca come inquinamento una qualsiasi alterazione dell’ambiente di origine antropica (dell’uomo) o naturale che produce disagi e/o danni permanenti per la vita di una zona e che risulti non in equilibrio con i cicli naturali esistenti.

A grandi linee si tratta di gravi problemi riconducibili, dicono i più, a tre principali cause: l’aumento della popolazione, il grande sviluppo delle città, e l’utilizzo di tecnologie poco compatibili con l’ambiente. Molti attribuiscono alla natura “predatoria” dell’uomo la crescita del fenomeno e qualcosa di vero c’è sicuramente.

Oggi circoscriviamo l’argomento parlando dell’inquinamento luminoso, che negli ultimi tempi fa sempre più parlare di sé, da quando le foto delle stazioni spaziali ci hanno mostrato la Terra vista dallo spazio come un panorama del tipo “luci di Natale”.
 
 


La mappa dell’inquinamento luminoso degli Stati Uniti, concentrata ad est e ovest

 

Se osserviamo la Terra dallo spazio, per l’Italia vediamo una concentrazione luminosa  diffusa su tutto il nord, una concentrata su Roma, Napoli e più diffusa sulla Puglia. Per quanto riguarda l’America, la concentrazione è sugli stati dell’est e negli stati di Washington (Seattle) e della California.

Al tempo stesso, senza andare nello spazio, basta recarsi in collina e guardare là in basso la città per accorgersi quanto chiarore  diffuso ci sia e come la notte buia dei nostri nonni sia un lontano ricordo.
 

                  



 
L’inquinamento luminoso è un’alterazione della quantità naturale di luce presente nell’ambiente notturno provocata dall’immissione della luce artificiale. Sappiamo che la notte non è mai completamente buia a causa di diverse sorgenti di luce naturale (le stelle, la Luna, la luce del Sole diffusa dalle polveri, ecc…).

L’aumento della luminosità, indotto artificialmente, altera il nostro rapporto con l’ambiente in cui viviamo perché  ne altera la percezione. Da circa 50 anni si sono sviluppati gli studi e i rapporti negativi che un tale inquinamento comporta.

I risultati hanno  documentato ed evidenziato gli effetti ambientali dell’uso della luce artificiale: alterazioni delle abitudini di vita dell’uomo, di caccia per gli animali, disturbi alla riproduzione, alle migrazioni, alterazioni dei processi fotosintetici nelle piante, miopia, alterazioni ormonali.

Sul piano economico, poi, l’inquinamento luminoso è spesso un inutile spreco energetico e di risorse.

Fondamentalmente in Italia, in area civile,  ciascuno è libero di illuminare quello che vuole: le leggi contro l’inquinamento luminoso sono poche e morbide. Dove la normativa è labile diviene potente l’equazione secondo la quale la luce è vita e progresso, dimenticando che non è la quantità di luce che conta, ma la qualità dell’illuminazione e la sua persistenza notturna a farci vivere più o meno bene.

In definitiva, l’illuminazione artificiale è una pratica umana tra le tante e, se male applicata, causa inquinamento luminoso e alterazione ambientale.

Nel 2015 un’apposita Assemblea Generale, ad Honolulu, ha analizzato le tante immagini scattate dagli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale per valutare tale inquinamento che affligge ormai tutte le aree urbanizzate del pianeta e mappare globalmente la Terra in visione notturna: sono state scattate ben 130.000 foto delle varie località terrestri. Il metodo consente di seguire l’evoluzione nel tempo delle sorgenti luminose inquinanti e ricavare il tipo di spettro della luce che genera l’inquinamento. Inoltre, gli scienziati hanno potuto fare un collegamento allarmante: le nazioni europee che hanno il più alto debito pubblico detengono anche il record del più alto consumo energetico per illuminazione stradale pro-capite. Si tratta di una stima per l’Unione Europea molto elevata: 6,3 miliardi di eur/anno.

E questo solo per l’inquinamento luminoso diretto, al quale va aggiunto quello dovuto alla luce diffusa dall’atmosfera.

Nello specifico, prendendo le osservazioni dallo spazio di una città come Milano dal 2012 al 2017 si è appurato un grande cambiamento della vista della città dallo spazio. Ne è stata in larga parte responsabile l’introduzione dell’illuminazione a LED che sta soppiantando le tradizionali luci “calde”: queste ultime, prima, evidenziavano un’illuminazione mista di colori, mentre ora l’immagine della città ha un maggior contenuto di luce blu distribuita. Cambia il colore delle luci, calano un po’ i consumi, ma ciò che serve veramente per ridurre un tale inquinamento è un uso più intelligente e responsabile della luce artificiale.

Siamo dunque arrivati a parlare delle luci a LED, che inizialmente sembravano una panacea ma sulle quali al momento esistono riserve di diversa natura. Questa illuminazione “a diodi”, come si dice, sembra essere efficiente e conveniente sul breve termine: a fronte di un costo iniziale maggiore rispetto alle lampade tradizionali, la durata è tripla e il costo in energia utilizzata inferiore.

E’ ben vero che queste luci sono di tipo “vettoriale”, costante, unidirezionale, al contrario delle solite lampadine che spandono luce in un largo fascio o addirittura a 360°. L’ illuminotecnica consiglierebbe ad esempio di illuminare monumenti e palazzi dall’alto verso il basso, non il contrario come si fa adesso mandando in atmosfera parte dell’illuminazione.

E Torino, che conobbe l’illuminazione prima di Parigi, non è da meno, con i suoi 96.000 punti luce: si stanno sostituendo le lampade tradizionali ( a vapori di sodio e mercurio) con LED. A Milano pure, che è la città più luminosamente inquinata e sovradimensionata nell’illuminazione. Al momento i LED rappresentano la soluzione migliore in diversi ambienti (gallerie, parchi, monumenti, insegne, decorazioni, piste ciclabili,…), ma non in tutti. Questo non vuol dire che siano un risparmio, come spesso si sostiene, anche per l’illuminazione stradale, se si considera la vita media di un impianto (25 anni). A volte la soluzione è più politica e di immagine che non motivata dalle leggi fisiche dell’illuminazione.
 
 

Resta il fatto che la luce artificiale notturna dovrebbe essere il più possibile “calda”, avvicinandosi nel colore alle lampade al sodio ad alta pressione: i LED bianchi rimangono troppo abbaglianti rispetto alle lampade tradizionali. Vediamo cosa sappiamo. La diffusione della luce artificiale nell’atmosfera terrestre causa l’aumento di luminosità del cielo notturno: è un alone che avvolge le città. Avviene quando la luce degli impianti interagisce con le molecole d’aria e di aerosol presenti in atmosfera. I processi fisici coinvolti dipendono dal colore e sono la spiegazione del perché il cielo è azzurro/blu di giorno. La parte blu della luce del Sole è diffusa maggiormente di quella gialla, arancione, rossa. Dunque una tecnica chiave per ridurre l’impatto di luce sul paesaggio naturale è quella di usare  luce più possibile gialla, evitando lampade ricche di luce blu. La luce bianca dei LED è ricca nel blu e come diremo alla fine le specie umane e animali alla base della catena alimentare sono maggiormente sensibili al blu.

Gli impianti di illuminazione pubblica dovrebbero rispettare almeno 5 requisiti: non emettere luce verso l’alto, illuminare solo quello che serve, usare sorgenti efficienti come il sodio e i LED, puntare sull’efficienza luminosa, regolare la luce in funzione del traffico e condizioni ambientali.

Anche rispettando tutti questi requisiti, a parità di condizioni, i LED inquinano lo spettro elettromagnetico molto più del sodio. La lampada ideale per la riduzione dell’inquinamento sarebbe quella al sodio a bassa pressione, oggi in disuso (è arancione e monocromatica). Nella pratica, al momento, l’unica sorgente efficace per contrastare l’inquinamento è quella a sodio ad alta pressione. I LED vengono dopo, nella scala di valori.

Il fatto è che spesso la progettazione di impianti efficienti è più importante della scelta del tipo di luci. Economicamente, la domanda corretta da porsi non è se è possibile risparmiare un tot in N anni, ma se questo risparmio negli anni giustifica gli investimenti: questo è vero per ogni installazione sia a LED che tradizionale.

Infine, una notazione dalla fisica che ci conferma che anche con i LED non si raggiunge sempre il minor inquinamento luminoso. Infatti la loro luce si colloca spesso nella parte blu dello spettro luminoso: l’occhio umano ha particolari recettori in questa banda blu che sono deputati a regolare i ritmi cardiaci veglia/sonno. Facciamo dunque attenzione a non ritenere i LED la soluzione di ogni problema: è solo una delle tante, e forse nemmeno la migliore per l’uomo.

 

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