Blog PASSIONE UNIVERSO di Ivan Spelti
GRANDI DONNE NELLA SCIENZA
IPAZIA di Alessandria
E’ bene dirlo subito: non sono
state tante le donne che hanno avuto la possibilità di distinguersi nella
scienza (e purtroppo non solo nella scienza), dal momento che questa è stata
quasi sempre ritenuta un campo della conoscenza esclusivamente maschile.
Nella rubrica di oggi voglio in
parte rimediare, aprendo il nuovo anno, con il ricordo di una grande scienziata
e filosofa dell’antichità, cogliendo l’occasione per manifestare apertamente la
stima per tutte le donne in generale e per quelle che si sono dedicate alla
scienza in particolare.
Dico rimediare poiché è ancora
vivo in questi giorni l’impresa di Samantha Cristoforetti (200 giorni come
membro dell’equipaggio dell’Agenzia Spaziale Europea), vista da alcune nostre
attricette, opinioniste, conduttrici televisive (ma non è mancato l’intervento
un po’ delirante di Guido Ceronetti su Repubblica, che si è lanciato in
fisiologia ginecologica e analisi freudiane sulle fluttuazioni nella capsula
come desiderio di rapporti incestuosi col padre) come un disturbo mediatico:
alcuni-e hanno esternato il fastidio per il ritorno sulla Terra dell’astronauta
e la popolarità data all’evento.
Da poche centinaia di anni,
alcune di queste donne sono entrate nella storia: ad esempio, in astronomia,
Caroline Herschel (1750-1848) (sorella del più celebre fratello William, con
cui condivise nel 1781 la scoperta del pianeta Urano) e Henrietta Leavitt, il cui studio
delle stelle variabili cefeidi, all’inizio del ‘900, permise un primo calcolo
della distanza delle galassie. Senza dimenticare, per dirne due, Florence Nightingale
fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna e Rita Levi Montalcini nella
neurologia.
Oggi mi assale la rabbia quando
vedo che la neo direttrice del CERN di Ginevra, la nostra Fabiola Giannotti,
una vita dedicata alla scienza, alla notizia della nomina, riceve su Facebook un decimo dei “mi piace” rispetto a quelli
della foto di un bel gattino o di un bella
bionda che “si autoscatta” mai dimenticando gambe e tette! Posso indignarmi?
Parlare di Ipazia, grande
scienziata e filosofa vissuta ad Alessandria d’Egitto nel IV-V secolo d.C.,
costituisce un primo momento per rendere giustizia alle donne in generale e al
loro ingegno e cultura in particolare.
Nacque, data incerta, intorno al 360-370
d.C. Il padre, Teone, geometra e
filosofo, era dedito all’insegnamento della matematica e dell’astronomia. Fu
prima allieva del padre e poi sua collaboratrice, superandolo ben presto,
secondo lo storico Filostorgio, in particolare nell’astronomia e in certe
applicazioni pratiche. Suo l’idroscopio, costruito come un flauto otturato che
porta intagli trasversali, mediante il quale si misura il peso specifico dei
liquidi: immerso in un certo liquido, restava eretto, e dal conteggio degli
intagli si determinava il peso specifico del liquido. Migliorò anche la
struttura dell’astrolabio, inventato da Ipparco intorno al 150 d.C., per
l’orientamento nel cielo notturno.
Va detto che la Scuola
Alessandrina, che noi oggi ricordiamo per Ipparco e Tolomeo, era ancora
straordinariamente vivace, con la libertà di pensiero come elemento essenziale
per il fiorire della cultura , a garanzia di quei numerosi passi avanti nei vari
campi che diverranno fondamentali nel Rinascimento: geometria piana e solida,
trigonometria, algebra, astronomia, teoria degli infinitesimi.
La stessa opera di Tolomeo, che
sarà venerata in Europa centinaia di anni dopo e diverrà la scienza ufficiale,
in virtù di questa continua ricerca scientifica alessandrina, era ritenuta sì
importante, ma non conclusiva, e sulle ipotesi tolemaiche c’era tutto un
fervore di interventi e scoperte. Questa considerazione è fondamentale per
capire come la libertà di pensiero in Alessandria, filosofico e scientifico,
verrà associata ad una visione autonoma “pagana”,
in contrapposizione alla visione “cristiana”, e porterà al tragico assassinio
di Ipazia.
Così Ipazia, presto circondata
come insegnante da numerosi allievi, che si intratteneva con ogni persona per
istruirla, fece importanti scoperte sul moto degli astri, raccolte nel
testo “Canone astronomico”. Pare abbia
anche formulato ipotesi sul movimento della Terra nel cielo, cercando di
superare la teoria geocentrica di Tolomeo.
Ipazia fu anche filosofa molto
apprezzata. Pallada, in un epigramma, così scrive: << quando ti vedo, mi
prostro, davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza delle parole, astro incontaminato
della sapiente cultura >>.
questo tu ami?
Quando tracciava una nuova mappa
del cielo, Ipazia indicava una traiettoria nuova per mezzo della quale uomini e
donne potessero orientarsi sulla terra, dalla terra al cielo e viceversa, senza
bisogno della mediazione del potere ecclesiastico, senza condizionamenti
religiosi. Al tempo stesso, Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé
(l’intelletto) guardando fuori il cielo (la volta celeste) e mostrava come
procedere nel cammino della conoscenza con il rigore della geometria e della
matematica, la parte razionale di noi, che costituivano per lei l’inflessibile
canone di verità (G. Beretta).
Non ci sono pervenute opere
autografe di Ipazia: tutto ciò che sappiamo lo dobbiamo ai suoi allievi e agli
studiosi: in particolare a Sinesio (373-414 d.C.), poi divenuto vescovo di
Tolemaide (Libia).
Nel 412 d.C. Cirillo divenne, pur
contro il volere di molti che lo giudicavano violento e autoritario, vescovo e
patriarca di Alessandria, secondo Socrate Scolastico acquisendo più potere dei
predecessori ed ispirandosi alla difesa ad ogni costo dell’ortodossia cristiana
con azioni drastiche come l’espulsione degli ebrei, la chiusura delle altre
chiese e la confisca dei loro beni, anche in urto con il prefetto imperiale
Oreste, interpretando a suo modo gli editti cristiani dell’imperatore Teodosio.
Nel marzo del 415, a quaresima,
un gruppo di cristiani sorpresero lpazia che tornava a casa, la tirarono giù
dal carro e la trascinarono in chiesa: quindi la denudarono, la uccisero usando
dei cocci, le cavarono gli occhi ancor viva, la fecero a pezzi membro a membro, ne trasportarono i
brandelli e li bruciarono cancellando ogni traccia dell’efferato delitto. Nella
prima biografia di Ipazia, il filosofo Damascio, cento anni dopo, sostenne la
diretta responsabilità come istigatore del vescovo Cirillo, a causa
dell’invidia di questi per l’autorevolezza della figura di Ipazia presso gli alessandrini.
La figura di Ipazia affascinò
molto letteratura e poesia, nelle diverse epoche. Voltaire parlò di “excès du
fanatism” e il mondo protestante del ‘700 non risparmiò accuse a Cirillo.
Qualche voce fuori dal coro come quella di Giovanni di Nikiu che scriveva
“Ipazia ipnotizzava i suoi studenti con la magia e si dedicava alla satanica
scienza degli astri”, fino a giungere alla Controriforma cattolica con la messa
in discussione delle fonti dell’omicidio e l’assoluzione di Cirillo da ogni
responsabilità, non hanno sedimentato opinioni diverse da quelle ben più
consistenti dell’atroce delitto contro
la persona e la libertà del pensiero razionale.
Nel 2009-2010 il film “Agorà” ha tracciato la biografia di Ipazia.
Può forse far riflettere il fatto
che Ipazia, con la sua cultura, in fondo umiliò il mondo maschile, sia quello
rozzo degli ignoranti e dei fanatici (Pietro, il predicatore, suo primo
assassino) che quello ecclesiastico dei mandatari intolleranti (Cirillo).
Tuttavia, il valore scientifico
di Ipazia e le responsabilità della sua morte sono ormai accertati. C’è chi ne
ha parlato come una delle prime martiri del “libero pensiero”, nel senso che la
sua scuola neoplatonica che si rifaceva a Platone, Aristotele e Plotino, ben
coniugò le nuove idee con l’antidogmatismo in generale. La storia di Ipazia fa
riflettere su come i dogmi, religiosi o ideologici, siano troppe volte nemici
della libertà di pensiero e della sete di conoscenza insita nella natura umana:
nel suo caso, anche una fonte di discriminazione delle donne, alle quali non
era consentito primeggiare, insegnare, parlare da pari all’uomo, ma solo
mostrarsi velate, accondiscendenti, schive, dedite alla casa e non alla
cultura, ciò che oggi ogni persona giustamente ripudia.
pubblicato su Prima Pagina Reggio (la pagina della scienza) gennaio 2015. Copyright





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