Blog PASSIONE UNIVERSO di Ivan Spelti
LA RELATIVITA’
GENERALE HA CENTO ANNI
La moderna struttura dell’universo
secondo Einstein
Devo confessare che
quando vedo un ragazzo con la maglietta di Einstein coi capelli arruffati e la
lingua fuori, con quegli occhi profondi e malinconici, provo gioia e mi dico:
ecco un’icona positiva per i nostri giovani. Non è vero che seguono solo
strimpellatori del momento, portatori ahimè di discutibili messaggi e varie
banalità. Vi voglio quindi raccontare la sua storia più bella, che è anche una
delle principali ed edificanti del secolo scorso: la storia di uno studente con
un percorso scolastico incerto, nel quale eccelleva solo in matematica e fisica
non senza sbeffeggiare alcuni professori, con una laurea senza prospettive,
innamorato e senza un soldo e che solo grazie all’aiuto di un amico ottiene un
misero impiego, dopo avere pensato addirittura di suonare il violino per la
strada per sbarcare il lunario.
In questi anni, si
rende conto che la sua teoria della Relatività è incompleta, poiché riguarda
solo i sistemi di riferimento che si muovono tra loro a velocità costante.
Dopotutto, pensa, i moti avvengono in genere con velocità variabile nel tempo, ossia in presenza di
accelerazioni: la nostra stessa vita di ogni giorno non si svolge altro che in
sistemi accelerati o decelerati (prendiamo l’ascensore, guidiamo una vettura, e
così via). In particolare, i moti dei corpi celesti evidenziano curvature,
orbite ellittiche (i pianeti si muovono così): in fisica, orbite di questo tipo
sono possibili solo quando sui corpi agiscono delle accelerazioni. Il pensiero
di Einstein si rivolge quindi a tutto l’universo, ai moti dei corpi presenti,
per capire se sia possibile trovare una legge generale che li spieghi e in
definitiva generalizzi l’interazione gravitazionale che 250 anni prima Newton
aveva determinato.
Albert Einstein a 36 anni
Il 25 novembre 1915 Albert
Einstein presentava all’Accademia delle Scienze di Berlino “Le equazioni di
campo della gravitazione”, ovvero i fondamenti della Relatività Generale,
unanimemente riconosciuta come la “più
bella delle teorie della fisica”.
Ciò che scrisse alla
lavagna fu poi, il 20 marzo 1916, dettagliato e pubblicato in 54 paginette
sulla celebre rivista tedesca Annalen der Physik: ecco perché le celebrazioni
del centenario sono iniziate lo scorso anno e si estendono anche al 2016.
Era allo stremo delle
forze: in precedenza era sprofondato in un abisso di equazioni, che scriveva e
cancellava, aveva abbandonato ogni attività che minacciasse la sua concentrazione sul problema, non
distingueva il giorno dalla notte e spesso saltava i pasti. In più, aveva il fiato
sul collo del grande matematico tedesco David Hilbert, che dopo avere
individuato diversi errori nelle elaborazioni precedenti delle equazioni, si
era impossessato del problema cercandone
a sua volta la soluzione. Einstein vinse sul filo di lana, dopo avere
scambiato numerose lettere con Hilbert, che alla fine, signorilmente, gli
riconobbe completamente il merito della grande scoperta. Fu il suo acutissimo
senso della fisica che prevalse: il 18 novembre, una settimana prima, aveva
scoperto che la sua ultima versione delle equazioni consentiva di calcolare
l’irregolarità (precessione) nel perielio di Mercurio e al tempo stesso
riconduceva alla classica teoria della gravitazione di Newton in campi
gravitazionali deboli. La scoperta gli provocò euforia e tachicardia per
diversi giorni.
Le
equazioni del campo (1.a versione)
le masse deformano lo spazio-tempo
Ma cos’era tutto
questo ricercare, da dove nasceva l’esigenza che Einstein sentiva di spiegare
come funzionava l’universo?
Nella seconda metà
del ‘600, Isaac Newton aveva prodotto la legge di gravitazione universale: le
masse dell’universo si attirano sempre con una forza direttamente proporzionale
al loro prodotto e inversamente
proporzionale al quadrato della loro distanza. Per quasi due secoli,
l’applicazione di questa legge fondamentale aveva consentito agli astronomi di
predire, ricercare e scoprire molti oggetti del cielo e i loro moti. A metà
‘800, il concetto di campo, nato dagli studi di elettricità e magnetismo, si
affiancò a quello di forza. In modo semplice si può dire che un campo elettrico
è una zona di spazio in cui si manifestano effetti dovuti alla presenza di cariche elettriche.
L’idea geniale di Einstein fu di introdurre, in modo analogo, il concetto di
campo gravitazionale: è questo l’ente fisico nel quale si muovono i corpi
nell’universo. Se le cariche elettriche sono le sorgenti del campo elettrico,
similmente (lui pensò) saranno le masse dell’universo ad essere le sorgenti del
campo gravitazionale. Tuttavia, questa visione derivante dalla similitudine non
era banale: apriva prospettive nuove e rappresentava un vero e proprio salto
concettuale, una differente visione dell’universo
rispetto all’idea newtoniana.
Così l’orbita di un
pianeta intorno al Sole non è più qualcosa di statico, di assoluto, da
determinare con un “tiro alla fune a due” secondo la formula della forza di
Newton, ma una proprietà dello spazio stesso. E’ famoso l’esempio del foglio
elastico di gomma su cui poggiamo delle palline di diversa massa: prima, il
foglio è ben teso, dopo l’aggiunta delle palline si verifica un incurvamento e
una deformazione dello spazio prodotto dalla presenza delle masse. Provate.
L’interpretazione
delle orbite planetarie riceve dunque una diversa spiegazione: la presenza di
massa (il Sole) fa muovere i corpi circostanti (pianeti), poiché deforma lo
spazio adiacente e li costringe a seguire determinate orbite curvilinee, come
se si muovessero al bordo della superficie di un imbuto. Il campo è un’entità
fisica reale che si flette, ondeggia, si torce, si incurva. Einstein dice che siamo immersi un gigantesco mollusco
flessibile!
La deflessione della
luce stellare
Se le intuizioni
fisiche del nostro furono una delle tante manifestazioni del suo genio, il
problema matematico di darvi espressione formale era complesso, com’è complessa
l’analisi matematica delle superfici curve. Fortunatamente, da metà ‘800 ai
primi del ‘900 questo tipo di matematica si era andata sviluppando e alla sua
elaborazione contribuirono in tanti: infine, furono i grandi matematici
italiani a fornire ad Einstein il supporto per la sua nuova teoria della
gravità. In particolare il grande matematico di Lugo di Ravenna Gregorio Ricci-Curbastro aveva elaborato un
nuovo tipo di calcolo differenziale (chiamato “assoluto”), che fu portato a
conoscenza di Einstein dal suo amico di università Marcel Grossmann, permettendogli di completare l’opera formale
delle equazioni del campo gravitazionale di cui abbiamo detto all’inizio.
Queste complicate equazioni
hanno anche un senso estetico straordinario: nella parte sinistra sono posti
tutti i termini che riguardano la Geometria (lo Spazio), mentre nella parte
destra, dopo il segno di uguaglianza, è posto il termine associato alla
Materia-Energia. Dunque, viene posta una corrispondenza precisa tra Spazio e
Materia. Nel dopoguerra, J.A.Wheeler, il fisico che ha coniato il termine
“black hole”(buco nero) ha così meravigliosamente sintetizzato quello che la
formula di Einstein vuol dire: nell’universo, la materia “dice” allo spazio
come curvarsi e lo spazio “dice” alla materia come muoversi!
Provate a pensare
quanto diverso sia questo modo di vedere le cose rispetto a quello che pensiamo
di solito. Siamo infatti abituati a pensare allo spazio come ad un contenitore
e alla materia come qualcosa di distinto che può essere o no inserita in questo
contenitore: una stanza non è detto che abbia dentro, per dire, una sfera di
acciaio che si muove. Contenitore e contenuto non sono di norma posti in relazione. Einstein ci ha insegnato
che nell’universo le cose non stanno così: spazio, tempo, gravitazione,
accelerazioni delle masse sono lì su
un unico palcoscenico per darci la
giusta rappresentazione dell’universo
come un tutto.
Sono cento anni che
la teoria della Relatività Generale è sottoposta alle prove sperimentali più
diverse: abbiamo imparato a calcolare come la luce di una stella si fletta
passando vicino al Sole, come le orbite planetarie non siano fisse ma cambino
leggermente nel tempo, come le eclissi totali di Sole mostrino l’entità
del suo campo gravitazionale, come
funziona il nostro GPS, e tanto altro. Tutte cose che hanno bisogno della
relatività generale. E’ una teoria che ha prodotto una rivoluzione nella storia
della relazione spazio-tempo-materia, influenzando filosofia, arte, politica,
cultura popolare. Grande Albert: ti siamo grati per avere spinto così tanto in
avanti il fronte della conoscenza!
Pubblicato su Stampa Reggiana, 2016. Copyright







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