giovedì 26 settembre 2019

L'ACQUA DI MARTE




L’ACQUA DI MARTE


Lo scienziato scopritore prof. Roberto Orosei è un reggiano di 

Fogliano


Nel luglio scorso, al termine di un lungo lavoro di ricerca, un nostro concittadino a capo di un nutrito team di ricercatori ha definitivamente scoperto  l’esistenza di acqua liquida salmastra nel sottosuolo del pianeta Marte. 

Roberto Orosei, 50 anni, ricercatore dell’INAF di Bologna è co-responsabile del radar Marsis, lo strumento che ha consentito di identificare l’acqua marziana in un lago che sta sotto un kilometro e mezzo di ghiaccio, in una zona del polo sud di Marte. Il radar ha registrato echi provenienti dall’acqua sotterranea. Il tipo di ghiaccio che sta sopra non è di tipo trasparente, ma come di dice “smerigliato”.

   
                                  

Ormai Marte lo conosciamo come la Luna e per diverse ragioni da tempo coltiviamo le conoscenze di questi due oggetti del sistema solare piuttosto vicini a noi. Si può dire che sono come l’orto di casa collocato vicino  alla porta d’ingresso.

Il lago scoperto non riusciamo ancora ad esplorarlo direttamente perché anche a quella profondità relativamente breve è irraggiungibile oggi dalle nostre sonde perforanti che si fermano ad alcune decine di centimetri e la “talpa” in costruzione per determinare la  temperatura di Marte arriva solo a 5 metri di profondità.

Orosei ne ha di recente parlato in università Unimore davanti a un folto pubblico.




Elaborazione grafica che mostra la sonda MRO mentre rivela la riserva d’acqua sotto la superficie marziana

Il pianeta Marte sembra essere geologicamente attivo. Infatti abbiamo trovato metano nella sua atmosfera. Ora il metano viene distrutto dalla radiazione ultravioletta solare, ma se c’è vuol dire che qualcosa lo ha prodotto. Delle due l’una: o i vulcani o qualche forma di vita precedente. Se non c’è vulcanismo, allora ci deve essere vita. Queste sono le ipotesi che ci ronzano in testa ed impegnano gli studiosi di planetologia.

Marte e la Terra sono si diversi, ma con una comune origine. Nel passato di Marte c’è la presenza di acqua liquida e di effetto serra, come oggi sulla Terra. E Marte, nel passato, si presentava come pianeta abitabile con un clima simile a quello terrestre. Tre miliardi e mezzo di anni fa la situazione era questa e c’era su Marte il clima ideale per la presenza di batteri. Ossia, aveva un habitat adatto alla vita. In seguito, tutto si è inaridito. In fondo, possiamo pensare che il pianeta rosso sia una Terra invecchiata “troppo presto”

Il ritrovo di laghi sommersi testimonia la possibilità di scoprire ancora enormi riserve d’acqua estese nel sottosuolo marziano. Vi chiederete subito come possa l’acqua presentarsi allo stato liquido nel sottosuolo.
                  


    La missione completa della sonda


A causa della forte pressione e delle grandi quantità di Sali contenuta (iperclorati) che hanno funzione antigelo.

Gli oceani sotterranei non sono certo una novità nel sistema solare. Ad esempio li abbiamo scoperti anche su Encelado (satellite di Saturno) ed Europa (satellite di Giove). Per venire alla Terra, anche in Antartide e Groenlandia ci sono decine di laghi subglaciali simili, contenenti colonie di batteri estremofili (che vivono in condizioni fisico-chimiche estreme) che stanno benissimo al freddo e al buio. Anche il permafrost del nostro Polo Nord ha laghi sommersi ed estese riserve sotterranee di acqua. Stiamo cercando di mappare questi laghi terrestri sommersi.

Bisogna chiarire che la missione della sonda Insight che la portato su Marte il primo sismografo non è la ricerca della vita, ma chiarire se il pianeta è ancora geologicamente attivo.  Poi è chiara la nostra curiosità anche in tal senso. Salinità e bassa temperatura non sono buone combinazioni per la vita. Ma in queste riserve d’acqua che si estendono forse in tutto il pianeta cercheremo forme di vita: cercheremo microrganismi e batteri, perché pensiamo possano esistere nicchie biologiche forse di batteri vivi.






A destra, la sezione verticale della superficie marziana interessata dai rilievi radar

Certo se troveremo presenza di batteri, come l’acqua liquida potrebbe consentire, le implicazioni sarebbero straordinarie.

Avremmo la prova che non siamo soli nell’universo: la risposta delle risposte. Che 500 milioni di pianeti della nostra galassia non sono solo potenzialmente abitabili, ma qualcuno…abitato. Da chi non si sa. Dal punto di vista esistenziale cambierebbe la percezione di noi stessi.

Sarebbe una rivoluzione ancora più grande di quella eliocentrica copernicana, ossia di avere stabilito che sono i pianeti a girare intorno al Sole e non il contrario come si era ritenuto per migliaia d’anni prima.

Nel 2035 ci sarà il massimo avvicinamento tra Marte e la Terra. Se saremo pronti tecnologicamente potremo andare a Marte in quattro mesi con un’astronave da 150 tonnellate mossa dau un motore a ioni che già esiste e da potenziare. Miglioreremo le capacità di sopravvivenza dell’equipaggio, anche per l’esposizione alle letali radiazioni cosmiche sul pianeta. Un po’ come nel film “The Martian”.

Avremo la necessità di farlo? Secondo lo scienziato Hawking, di recente scomparso, si. Ha predetto che ci restano solo mille anni per progettare la nostra partenza dalla Terra prima di estinguerci per distruzioni e sovraffollamento. Anche se siamo nati qui, dovremo partire per altre destinazioni per sopravvivere a noi stessi.

                                 Ringrazio il prof. Orosei per il contributo scritto di cui questo articolo si avvale.

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I NOSTRI ANTENATI





  •             

  •   L’ EVOLUZIONE DELL’UOMO
  1.            I NOSTRI ANTENATI  

venerdì 23 agosto 2019

SETTE LEZIONI DI ASTRONOMIA


La pagina della scienza
di Ivan Spelti                 


                   L’ astronomia per tutti
                                di Ivan Spelti


Questo mese spero mi perdonerete se parlerò del mio libro, complice l’opportunità che mi riserva questo spazio  per la scienza. Sono invitato a parlare di me per presentare il libro fresco di stampa dal titolo “Sette lezioni di astronomia”. E’ naturale che lo faccia con grande piacere, ma devo prima spiegare ai lettori perché ho sentito la forte esigenza di passare l’estate scorsa  a preparare il libro. Un giorno il prof. Antonio Petrucci, filosofo, storico, e caro amico, avendo seguito il mio corso, mi scrisse in un SMS “ dal momento che hai già pronto tutto il materiale in diapositive, perché non lo esprimi in sette brevi lezioni?”. L’invito nasceva dal fatto che sono abituato a presentare le lezioni con un ricco materiale documentario che non costituisce solo una traccia, bensì una vera e propria dispensa che rilascio sempre ai corsisti come metodo di lavoro. Forse attendevo quell’invito! Quanto poi al sintetizzarlo, è accaduto l’esatto contrario, ma era prevedibile. Sono rimaste sette lezioni, non brevi.



                                                        Il libro: frontespizio 



          la splendida galassia M101 con 200 miliardi di stelle


A proposito del “sette”: devo dire che non c’è stata alcuna volontà di parodiare il bel libro dell’amico  Carlo Rovelli “Sette brevi lezioni di Fisica” (che ho recensito mesi fa proprio su questo mensile), ma solo quella di organizzare un libro in sette capitoli che penso rappresenti un minimo insieme per trattare un gruppo di argomenti distanti nel tempo ma profondamente collegati da una visione unitaria del sapere.

Prima di proseguire, penso sia importante dare risalto al ruolo avuto dalla LUC (Libera Università il Crostolo) in questo evento, perché ero stato incaricato proprio dalla LUC di tenere per i soci un corso introduttivo di astronomia. La LUC di Reggio continua a regalarci sorprese. Oltre  al notevole aumento degli iscritti (oltre 500) e dei corsi, ha manifestato un’apertura particolare nei confronti della scienza, costruendo spazi di incontro appositi non sempre in passato riscontrabili in questa area di conoscenza, a volte sottostimata.

 Così ho tenuto  un  corso primaverile  frequentato da 80 iscritti, con un pubblico attento e partecipe formato  anche da chi si avvicinava per la  prima volta alla scienza, rilasciando ai corsisti come testimonianza  le copie “grezze” delle mie diapositive. Si è trattato di un corso adatto al grande pubblico, nel quale il taglio didattico coniugava  scoperte, notizie e biografie entro un percorso storico che partiva dall’antichità e giungeva  fino ai nostri giorni. Astronomia antica, rivoluzione copernicana, Galileo e Newton, stelle e nebulose, relatività ed espansione dell’universo, le moderne idee sull’universo, mondi extraterrestri, sono stati gli argomenti trattati, al fine di costruire  un primo  sapere unitario sull’astronomia. In definitiva, la storia delle “idee sul cielo”, insieme alle ultime novità, scoperte e teorie dei nostri giorni. Completare l’operazione di diffusione di questi argomenti  organizzandoli in un libro ha rappresentato per me un adeguato rispetto per i corsisti, che hanno apprezzato il taglio divulgativo-didattico delle lezioni ed è stata  l’occasione per inserire, nelle lezioni ampliate, riflessioni e commenti integrativi non sempre riscontrabili in opere similari ( e ce ne sono tante, anche ben migliori della mia).



                                                                                                   
                                             il cielo stellato


Ogni libro di astronomia incomincia dicendo che “l’astronomia è la più antica delle scienze”, che “guardare il cielo è stato sempre ed è uno degli spettacoli più affascinanti”, che “il senso d’immensità e di mistero sembra travolgerci” e così via. Tutto verissimo e da inquadrare nel più vasto scenario delle origini e degli sviluppi della scienza astronomica che per molti versi coincide con quella dell’umanità.
Il libro è per tutti, dichiaratamente didattico, e si rivolge al lettore appassionato all’astronomia ma non abituato a formule complicate. Pur nel rispetto del percorso storico, il focus è concentrato sugli ultimi 150 anni delle conoscenze astronomiche che hanno portato alla loro impennata esponenziale.

Come  in ogni corso base, il rischio di tenere un basso profilo è sempre quello di lasciarsi dietro lacune ed omissioni: un prezzo che si paga volentieri, se il riscontro è quello, come spero, di fare appassionare molte persone alla materia.

Ho preparato un libro riccamente illustrato ( 268 figure e foto, stesso numero di pagine) poichè non mi piacciono i libri scientifici che sono privi di dati e figure, tristi come il resoconto di una riunione condominiale;  vi trovano posto  diverse schede biografiche e una ricca appendice, nella quale sono sviluppati   alcuni degli  argomenti  trattati  e ne vengono  introdotti  dei  nuovi e attuali: ad esempio, come funziona il GPS e cos’è il Principio Antropico.


               il grande radiotelescopio di Arecibo - Puertorico


Mantenere, nel possibile, uno stile colloquiale mi è parso rispecchiasse il carattere delle lezioni, in alcune parti piuttosto dense di contenuti non immediatamente digeribili e pertanto da affrontare anche con qualche concessione “amicale”, che traspare nel libro.

La speranza è che il lettore trovi stimolante il quadro d’insieme proposto e desideri in seguito proseguire lo studio con testi e manuali dove gli argomenti risultino ulteriormente approfonditi. Sono consapevole che un libro come questo, dove non si parla di “sfumature di grigio-rosso-nero” è molto meno attraente di altri titoli. Ma tant’è! I lacci dell’astronomia, per quanto solidi, restano confinati sicuramente ad una visione meno sensuale di altri argomenti.

Molti amici, ciascuno per la propria abilità e competenza, mi hanno aiutato leggendo con impegno la bozza iniziale, arricchendola e correggendola con diversi suggerimenti. Li ringrazio tutti nel libro, riservando loro le parole  di sincera gratitudine che meritano.
In conclusione, credo si possa definire quest’opera una “piccola cosa”, che spero almeno rappresenti un  esempio di corretta divulgazione scientifica: quanto buona o meno lo diranno i lettori.
Sono confortato dal fatto che alcune positive recensioni sono già apparse sui quotidiani ed il riscontro di molti acquirenti del libro è stato molto positivo.

Nei prossimi mesi sono previsti diversi appuntamenti di presentazione, uno dei quali mi rende particolarmente lieto e grato nei confronti del direttore Giordano Gasparini della Biblioteca “Panizzi”: venerdi 18 marzo, ore 17,30, alla sala del Planisfero,  dialogherò con il prof. Luigi Grasselli di Unimore, primo lettore delle bozze e attento correttore e suggeritore di alcune parti del libro.


Riferimenti
Ivan Spelti- Sette lezioni di astronomia- Edizioni del Faro
http://www.edizionidelfaro.it/libri/sette-lezioni-di-astronomia (link diretto alla casa editrice, con sinossi)
Il libro è on line presso l’Editore, Amazon, Hoepli, IBS, ecc...in versione cartacea ed ebook: in vendita nelle librerie reggiane.


Recensioni

RESTO DEL CARLINO
GAZZETTA DI REGGIO
STAMPA REGGIANA
PRIMA PAGINA





15 presentazioni con l'autore





MALEDETTO SMOG !




                           INQUINAMENTO


                        MALEDETTO  SMOG !


Reggio, Milano, Napoli: la situazione non cambia molto dal nord al sud  e con ci sono sconti per nessuno. 
La cappa di smog ci avvolge, complice l’alta pressione di questi giorni che ci regala  tempo bello o quasi, assenza di pioggia e neve. Complice si, ma è la nostra vita lavorativa, industriale, pubblica e privata che determina una situazione allarmante e che, come spesso accade, dimenticheremo ai primi freddi e precipitazioni.





Sono tanti i giorni consecutivi di questo dicembre in cui lo sforamento dei dati di Pm10 ha raggiunto livelli d’emergenza, tanto che a Reggio domenica 27 e forse  la prima domenica dell’anno nuovo saranno indette le giornate ecologiche, in ottemperanza al Piano Aria Ministeriale e al Piano Aria Integrato Regionale (Pair).



Che il Bianco Natale sia un ricordo, con nevicate misurabili, è un dato statistico: negli ultimi 50 anni si contano le dita delle nostre due mani per trovare un Natale nevoso: addirittura, nel 2013, avemmo a Natale una temperatura massima a Reggio di 14°C. Certo, ci sono stati anche  natali con -8°C (1993). Le previsioni meteo ci danno ancora la resistenza dell’anticiclone fino ai primi giorni del 2016: quindi, un tempo che somiglia a marzo più che a dicembre. 
Gli anziani continuano a dire che non c’è più il tempo di una volta! Niente neve, grigio in pianura e sole in montagna. Faremo pupazzi di smog, anziché di neve.
Milano sta sfiorando i 30 giorni consecutivi di sforamento dei Pm10, con dati giornalieri doppi rispetto alla soglia consentita di 50 microgrammi per metro cubo: l’offerta ai cittadini  per una mobilità pubblica è stata di un ticket ATM scontato e valido per ogni linea, mentre Trenord ha lanciato un abbonamento “green pass” per viaggi illimitati su tutte le linee lombarde. Confermato un blocco al traffico di 3 giorni consecutivi dopo Santo Stefano. 


A Roma, targhe alterne. E non va meglio altrove nelle altre città: identiche situazioni meteo e prospettate soluzioni di emergenza, che soddisfano pochi, con accuse alle misure inefficienti e al quadro d’insieme sul territorio, definito miope. 
La Pianura Padana, poi, è una delle zone più inquinate a causa della sua ridotta circolazione atmosferica. I Comuni vanno allegramente ognuno per suo conto.

Incolpiamo dello smog le particelle ultrafini: vediamo subito l’aspetto tecnico-scientifico che  viene utilizzato.
Cosa vuol dire la sigla Pm10? “Particulate Matter”, materia particolata, ossia formata da piccole particelle microscopiche con dimensioni uguali o inferiori a 10 micrometri, 10 millesimi di millimetro. Si tratta di polvere, fumo, microgocce di sostanze liquide (aerosol): un insieme quindi di microparticelle solide e liquide disperse nell’aria. Quelle solide sono dette, alla buona, polvere e fuligine, quelle liquide caligine e nebbiolina. Sono legate sia all’attività dell’uomo (particolarmente, alle combustioni) che alla Natura (incendi, eruzioni, pollini, erosione del suolo).

Da tanti anni sentiamo parlare di lotta allo smog, dice Luca Lombroso, climatologo e meteorologo. La meteorologia è solo una concausa dei picchi d’inquinamento. 
La causa è nel traffico, nelle emissioni inquinanti di ogni tipo (industrie, produzione di energia, gestione rifiuti, allevamenti intensivi, edifici commerciali, pubblici, residenziali, ecc…).




L’adozione di misure d’emergenza, per limitare i danni, è sicuramente possibile, poiché il fenomeno di alta pressione è prevedibile, con  giorni e settimane di anticipo che dovrebbero  permettere di prendere provvedimenti a tutela della salute pubblica.

Occorre dare risposte pronte, in tempo reale,  sulla limitazione del traffico privato, sul potenziamento del trasporto pubblico, bus navetta ecologici continui e frequenti giorno e notte, come fanno già in tanti paesi, riduzione rispettata delle temperature ambiente nel riscaldamento domestico e altro.

Ci sono poi anche ordinanze che sembrano far sorridere, come quella del sindaco di San Vitaliano (NA), comune con 114 giorni di smog fuorilegge (contro i 35 ammessi), che ha vietato l’uso del forno a legna per la cottura della pizza e dei panozzi! Contro l’uso della legna si sono allineati anche altri comuni e a breve anche bruciare il fantoccio della Befana sarà un problema nel Polesine e in altri posti di consolidata tradizione. I camini e le stufe a legna delle nostre nonne vivranno giorni difficili. 

Accanto a provvedimenti limitativi del genere si affiancano provvedimenti virtuosi a breve e lungo termine, come l’invito all’uso delle biciclette, camminate competitive e non, piantumazione di 250.000 alberi (Regione Toscana), incremento delle centraline di monitoraggio antismog, riduzioni di velocità in autostrada e tangenziali, targhe alterne, aumento del parco-taxi, incentivo dei mezzi elettrici, e così via.

Anche in queste Feste non sarebbe male chiudere di più  i centri commerciali e concedersi riposo e allegria ristoratrice, oppure andare a fare shopping con i mezzi pubblici e la bici. Ma vai a convincere chi di dovere, in questo tempo di affanni ad arrivare per primi a svuotare quanto rimane nei borsellini!

Sui danni alle vie respiratorie dell’aria inquinata non ci sono dubbi, sia a breve che a lungo termine, se è vero che la IARC (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) ha classificato l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili fra i cancerogeni umani di tipo 1.

L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha rilasciato il dato dei morti  prematuri in Italia causa inquinamento: 84.000. Si stima che il dato estrapolato all’intero pianeta sia di 7 milioni.

Cosa possiamo fare per proteggerci e tutelare la nostra salute?

Il Ministero dell’Ambiente ha prodotto un decalogo comportamentale, sottolineando come debbano essere i cittadini ad assumersi responsabilità: più delle coercizioni è necessaria la collaborazione  spontanea di tutti.

Vi sono poi  una serie di indicazioni di autorevoli agenzie. Cominciamo dalla difesa dei più “piccoli”. Portarli a spasso con passeggini alti, in modo che non si trovino al livello dei tubi di scappamento delle auto , farlo nei parchi e non in ore di punta. Meglio ancora, per i bimbi che ancora non camminano, portarli dentro lo  zaino o con il marsupio, facendo poi loro lavaggi nasali  giornalieri con acqua fisiologica per ripulire le vie aeree.
Fare sport aerobico, per migliorare la salute di cuore e polmoni: magari fare jogging con brutto tempo, perché la concentrazione di inquinanti nell’aria è più bassa. Naturalmente, se possibile, andare in montagna o passare del tempo in mezzo alla natura.

Le polveri sottili colpiscono anche salute e bellezza della pelle, con invecchiamento precoce, reazioni allergiche, dermatiti: non sarebbe male, in questo periodo, proteggersi con sciarpe e guanti.

La salute è anche nel piatto, soprattutto in questi giorni di carico alimentare all’insegna del cotechino: conviene non dimenticare verdura, frutta fresca e cibi con proprietà antiossidanti.



Legambiente sostiene che serve un piano nazionale fatto di politiche concrete e lungimiranti, perché gli interventi sporadici non bastano. La spinta che si coglie dalle diverse soluzioni fin qui proposte è che occorre ripensare le città in modo globale, con interventi strutturali che vadano dalla decarbonizzazione al traffico stradale. 


Staremo a vedere cosa succederà, anche perché c’è la speranza che gli accordi di Parigi appena conclusi (Cop21), ne abbiamo accennato la scorsa volta parlando di clima, producano un indirizzo mondiale anche per quanto riguarda la lotta allo smog. Buone Feste!





SECCHI: L'unità delle forze fisiche


REGGIO STORIA 


PADRE ANGELO SECCHI

L’unità delle forse fisiche: saggio di filosofia naturale

di  Ivan Spelti


In un precedente numero  ho delineato la figura e l’opera  del Padre Angelo Secchi, il reggiano considerato il più grande astrofisico dell’800 che per primo classificò le stelle dopo molti anni di osservazioni spettroscopiche. L’analisi di oltre 4.000 stelle, nel periodo 1860-1865, condusse Secchi a stabilirne la loro carta d’identità, fissando una classificazione che negli anni seguenti e fino a noi verrà affinata sempre più.
L’occasione per tornare a parlare di questo grande reggiano è data dall’imminenza delle celebrazioni del bicentenario della nascita (2018) che Istituzioni, studiosi, società civile, intendono promuovere attraverso una ricca serie di eventi.
Tra le molte iniziative in programma, l’analisi delle sue pubblicazioni, che segnano un contributo fondamentale per la Fisica in generale e per l’Astronomia in particolare.
Uno dei suoi trattati più importanti è il libro L’unità delle forse fisiche, saggio di filosofia naturale, del 1864, testo che delinea la sua visione scientifica generale. Le altre due opere Le Stelle e Le Soleil sono di contenuto più propriamente astrofisico.
Com’è noto la Fisica rientrava a quel tempo nella più generale Filosofia Naturale, insieme alle altre scienze, in particolare a quelle sperimentali come la botanica, la zoologia, le scienze naturali, la meteorologia, e così via.
Il libro di Secchi, iniziato nel 1863, riceve la sua prefazione il 10 aprile 1864. Delle due edizioni presenti in Conservazione Biblioteca Panizzi ho esaminato quella stampata dalla Tipografia Forense (Roma, 1864).



Le prime righe della prefazione espongono l’obiettivo di Secchi: “ La grande scoperta che, presentemente, preoccupa i dotti e illustra la nostra epoca, è quella della teoria meccanica del calore….. L’esporre le basi di questa teoria… è lo scopo dell’opera presente”.
E’ una pubblicazione suddivisa in 4 grandi capitoli, nella quale viene espressa una profonda convinzione sull’unità della natura e della scienza della fisica. I titoli  sono: CAPO I - Del Calorico, CAPO II - Della Luce, CAPO III - Dell’Elettricità, CAPO IV - Costituzione della Materia. L’oggetto dello studio riguarda tutta la Fisica e la Chimica allora accreditate, ma spesso con inserimenti nuovi e la visione  personale delle cose di Secchi, non sempre condivise. Il libro contribuì in modo fondamentale allo sviluppo della fisica italiana, introducendo nel mondo accademico la neonata teoria cinetica dei gas, che in seguito costituirà la base delle leggi della termodinamica.



                                                                                 Fig.1   la teoria del calorico   




                                                                                            Fig.2 l’agitazione delle molecole


Il CAPO I tratta della sostanza definita calorico, un fluido elastico, imponderabile, indistruttibile, capace di penetrare nella materia quando essa veniva riscaldata e di uscirne quando veniva raffreddata. A seguito di ciò, l’equilibrio termico dei corpi veniva giustificato immaginando che, una volta posti in contatti due corpi, il corpo più ricco di calorico  ne cedesse una sua parte a quello meno dotato, finchè il sistema nel suo complesso raggiungeva la stessa temperatura.
La temperatura di un corpo era definita come la manifestazione del passaggio del calorico tra i corpi (fig.1) e misurata con il termometro: era dunque il calorico il responsabile della temperatura dei corpi, con le sue variazioni di concentrazione che portavano alla situazione di equilibrio. Si trattava di concetti e modellistica che nascevano secoli prima, condivisi da grandi scienziati del ‘700  come Pierre Simon Laplace e per i quali era ancora latente la corretta distinzione tra calore e temperatura. Oggi sappiamo che il calore è una forma di energia, che già gli esperimenti di Carnot e Joule avevano mostrato, e che la temperatura di un corpo è la misura della sua agitazione molecolare media. Ma collegare queste grandezze fisiche macroscopiche (quantità di calore e temperatura) alla loro interpretazione microscopica non fu così facile (fig.2) e si dovette passare attraverso la teoria cinetica dei gas, per capire come le leggi della meccanica si potessero applicare ai moti delle molecole. Secchi, nel riassunto del CAPO I, intravede già la soluzione del problema: definisce il calorico come modo di movimento della materia, ma al tempo stesso definisce la temperatura dei corpi come un fenomeno dipendente dall’intensità dell’urto molecolare, e quindi dalla massa e velocità delle molecole. Ossia, è consapevole che le grandezze fisiche macroscopiche, che misuriamo, sono l’espressione ultima di fenomeni microscopici insiti nella materia molecolare.


                                                             Fig.3 grandezze fisiche macroscopiche e microscopiche


Poche sono le formule del libro, spesso riportate nelle note a margine, mentre molte sono le tabelle e gli esempi numerici dedotti dalle sperimentazioni, a conferma di una visione sperimentale della fisica trattata unitamente ai concetti di fondo e conforme al modo di scrivere un testo “discorsivo”, tipico del tempo.


                                                               Fig.4 le caratteristiche della teoria cinetica dei gas


Negli altri capitoli, il libro tratta della luce, dell’elettricità e dell’ allora  conosciuta struttura della materia. Molto interessante è la convinzione, sua come dei fisici di allora, dell’esistenza dell’etere luminifero,  convinzione che durerà fino all’esperienza negativa di Michelson-Morley (1887). Si trattava di un mezzo materiale (una sostanza) che doveva spiegare la propagazione delle onde elettromagnetiche e della luce. La natura della sostanza doveva essere solida, onnipresente nello spazio, rigida ma non opporre resistenza ai corpi che l’attraversavano. L’experimentum crucis del 1887 dimostrò che la Terra, nel suo moto, non trascinava alcun vento d’etere (come avrebbe dovuto fare) e nel 1905 Einstein spazzerà via in due righe la questione dell’etere ritenendola superflua e superata dalla sua esposizione della Relatività Ristretta.




  

Non mancano, nel suo trattato, riferimenti astrofisici: una breve classificazione delle stelle, la discussione sulla variazione del campo magnetico terrestre e l’attività del Sole.

La vita di Padre Angelo fu profondamente segnata dagli avvenimenti del suo tempo, che portarono all’unità d’Italia. Il fatto che fosse un gesuita sottolineò ancor più divisioni, incomprensioni e lotte di vario tipo che il nascente Stato Italiano si ritrovò ad affrontare, con politici e religiosi spesso ai ferri corti.

L’analisi di questo testo non fu solo considerata ed esaminata da varie angolature negli ambienti anticlericali, ma anche tra gli stessi appartenenti alla Compagnia di Gesù. Feroci critiche vennero dalle frange più oltranziste del neotomismo: 
Giovanni Maria Cornoldi (1822-1892) accusò il Secchi addirittura di ateismo, in linea con una serie di scritti apologetici di religiosi impegnati a contrastare il pericolo di ateismo insito, a loro dire, nelle nuove teorie scientifiche che stavano avanzando.

Secchi contrastò costantemente, ma pacatamente, tali atteggiamenti, convinto della modernità di una teologia avulsa dalla conflittualità dello spirito dei tempi, che potesse convivere con la nascente nuova scienza, senza le ingerenze della filosofia e della teologia tradizionale.




Riferimenti bibliografici
Angelo Secchi. L’unità delle forse fisiche. Tipografia Forense, Roma, 1864
A.Altamore, S.Maffeo, e altri. Angelo Secchi: l’avventura scientifica del Collegio Romano. Edizioni Quater, Foligno, 2012

sabato 15 settembre 2018

STORIA DELLE ANTICHE IDEE SUL CIELO


                 
               LA STORIA DELLE IDEE SUL CIELO

Ivan Spelti (31/7/2017)
In questo lunghissimo articolo riunisco quattro puntate già pubblicate sul quotidiano Prima Pagina, che costituiscono il primo capitolo del mio libro SETTE LEZIONI DI ASTRONOMIA

                                                                                                                                                                                                               Giacomo Leopardi                                                                                                                  

“La più sublime, la più nobile tra le fisiche scienze è senza dubbio l’Astronomia. L’uomo s’innalza per mezzo di essa al di sopra di se medesimo e giunge a conoscere la causa dei fenomeni più straordinari…”.

Alcuni ricorderanno che Giacomo Leopardi, nella straordinaria e immensa  biblioteca paterna, coltivava anche lo studio del cielo: scrisse perfino una “Storia dell’astronomia”. Del resto, lo spettacolo del cielo notturno ben si confaceva al suo narrare “l’infinito”.  In una notte serena ognuno di noi, con una macchina reflex ben fissata puntata tra l’orizzonte e la parte di cielo sovrastante comprendente la Stella Polare, può fare un’esperienza affascinante: con alcune ore di pazienza, mentre la notte avanza, può fotografare le stelle scoprendo che intorno alla Polare si formano circonferenze concentriche, rilevabili con piccoli segmenti appena disgiunti.

La domanda è:  le stelle “ruotano”? No, oggi sappiamo che è la Terra che ruota, ma l’apparenza suggerirebbe il contrario.

Vedremo che questo problema dell’apparenza delle cose è l’enorme problema che gli antichi quotidianamente  si trovavano a fronteggiare.

Alla fine del nostro esperimento fotografico, tuttavia, non sono solo quelle tracce delle stelle ad interessarci, bensì il fatto che le stelle “sembrano scomparire sotto l’orizzonte”, per ricomparire la sera successiva. Analogamente alle stelle, anche il Sole, la Luna, i pianeti, pur con le loro diverse apparenze, sembrano scomparire sotto l’orizzonte per ripresentarsi in seguito.

Sono fenomeni che  definiamo “ciclici”.  Ancora oggi, al bambino che ci chiede perché il Sole non c’è più dopo il tramonto diciamo che è “andato a dormire e tornerà domani”.


                  Con la fotografia scopriamo  le “tracce” delle stelle

Giungere all’idea che le stelle e gli astri in generale “passano sotto”, si ripresentano, e perché lo fanno, ha richiesto migliaia e migliaia di anni ed è per questo che è necessaria una minima informazione sulla storia delle idee astronomiche, per niente semplici nel passato e collegate alla nostra evoluzione intellettuale di umani.  Come si dice, dobbiamo partire da lontano e ripercorrere la storia delle idee sul cielo.

E’ difficile rivivere compiutamente il lungo periodo dell’uomo del Paleolitico (2.500.000 – 10.000 a.C.) e congetturare sulle idee di questi  nostri antenati in merito a quello che pensavano su ciò che li circondava. Un cielo “misterioso” li sovrastava, fenomeni atmosferici e naturali spesso li atterrivano, l’ambiente era quasi sempre  ostile. Osservavano, senza capire, il ciclo giornaliero del Sole e mensile della Luna, i moti periodici di cinque corpi celesti (che poi saranno chiamati pianeti), alcuni piuttosto strani, e cercavano di allenare gli occhi per distinguere centinaia e centinaia di puntini luminosi che sembravano fissi e incastonati nella volta celeste: le stelle.

In tempi più vicini, nel Mesolitico (10.000 – 8.000 a.C.), le cose iniziarono a migliorare con le prime costruzioni adatte ad individuare la ripetitività dei moti degli astri, ma  è solo nel Neolitico (8.000 – 3.000 a.C.) che delle osservazioni del cielo  troviamo le prime  tracce e documentazioni di un certo rilievo.
I simbolismi, l’embrione della scrittura e soprattutto la capacità di “contare”, correlando i NUMERI agli eventi del cielo, apriranno la strada della conoscenza ai nostri antenati.


         UNA PARENTESI MODERNA : i numeri nell’astronomia


Sappiamo che sono spesso molto grandi e fuori dalla comune comprensione. Parliamo oggi di centinaia di miliardi di galassie, altrettanto di stelle, distanti miliardi e miliardi di kilometri. Oppure di masse di miliardi di kilogrammi. A  volte  parliamo anche di tempi piccolissimi (miliardi e miliardi inferiori al secondo) o lunghissimi (quanto durerà l’universo?). Vediamo un esempio. La Galassia di Andromeda, considerata molto simile alla nostra galassia (Via Lattea) dista 2,5 milioni di anni-luce, contiene da 200 a 400 miliardi di stelle, ed ha una estensione di 200.000 anni-luce. La sua massa è di un milione di miliardi maggiore di quella del nostro Sole, che è 2.10^30 Kg.  A sua volta la massa del Sole è 333.000 volte quella della Terra e 27 milioni di volte quella della Luna. Non c’è che dire: sono dati fuori dall’ordinaria comprensione!

   

                                           Galassia di Andromeda   

                                            schema della Via Lattea

                              (dove  posizionare in Andromeda un sistema solare simile al nostro)                    
                                                           (analogo schema anche per un’altra media galassia a spirale)

Cos’è l’anno-luce? La distanza (non un tempo) che la luce percorre in un anno viaggiando alla velocità costante di 300.000 kilometri al secondo. Vuol dire che se stasera puntiamo un telescopio su Andromeda, la luce che da essa ci giunge è stata emessa in Andromeda 2,5 milioni di anni fa, ossia al tempo dei nostri lontani antenati , all’ inizio del  Paleolitico.

Ciò significa che le nostre conoscenze dei corpi celesti sono correlate alla rincorsa a scoprire ritardi. Perché?

I tempi di ricezione dei loro segnali (la luce che emettono) non corrispondono mai ai “tempi propri” degli oggetti celesti che li emettono, o li hanno emessi. La Luna “si trova” da noi a 1,28 secondi luce, vale a dire che se per pura ipotesi l’astronauta a passeggio accendesse una potente lampadina, il suo ”adesso” noi sulla Terra lo vedremmo solo dopo 1,28 secondi. Il Sole è a 8,33 minuti-luce, e le galassie più lontane si trovano a diversi miliardi di anni-luce. Quanto vale 1 anno-luce? 9.461 miliardi di kilometri!!! In notazione esponenziale:  9,46. 10^12 km.  La bellezza di  63.240  volte la distanza Terra-Sole.

Oggi, dunque, l’astronomo è in definitiva un archeologo del cielo: osserva, scopre, studia e  cataloga corpi celesti distanti nello spazio e lontani nel tempo.

Ne consegue che non esiste un tempo “assoluto”, uguale per ogni osservatore nell’universo, ma soltanto un tempo “proprio” di chi emette e di chi riceve : questi tempi non sono mai coincidenti.
La ragione è che la velocità della luce, pur essendo elevatissima (300.000 Km/s), è comunque  finita.

Abbiamo anticipato dei dati odierni. Chiediamoci se questi dati e considerazioni erano ipotizzabili anche in passato.
Le percezioni delle distanze, delle dimensioni, le osservazioni, le scoperte, erano alla portata dei nostri antenati?  Assolutamente no.


                                    IL CIELO AD OCCHIO NUDO


Il  cielo degli antichi era osservato ad occhio “nudo”, mischiato alla vita quotidiana e alle sue varie preoccupazioni: elementi di magia, fideismo, irrazionalità, si intersecavano e sovrapponevano con osservazioni e dati nel tentativo di capire il cosmo.

Dobbiamo fare un salto temporale enorme, fino a poche migliaia di anni fa, quando le osservazioni dirette degli astri e dei loro moti, le raffigurazioni e registrazioni si succedono ed inizia quella che chiamiamo la organizzazione dei dati osservativi ad occhio nudo.
E’ il primo embrione di ricerca scientifica, mescolato a misticismo, paure, simbologie, divinità benevole e non. I “capi”, nella struttura gerarchica di gruppo e di comando, amministrano le rivelazioni delle conoscenze che si vanno acquisendo. La gestione della speranza, da leggersi negli astri, doveva  primariamente  mantenere coeso, euforico, guerriero, il gruppo e la tribù.

I primi reperti di cultura astronomica sono databili a 15-20.000 anni fa.
-       Registrazioni di fenomeni astronomici su frammenti d’osso.

-       Incisioni su pietra.

-       Pitture rupestri.

La fine del nomadismo, la stabilizzazione delle migrazioni, la stanzialità dei popoli e la necessità di sviluppare l’agricoltura e la navigazione comportarono la massima attenzione ai fenomeni del cielo.
A quel tempo erano già noti alcuni dei vari fenomeni celesti, molti  dei quali usuali e altri  a volte terrificanti: la diversa visibilità della Luna e le sue eclissi, le eclissi di Sole, gli strani moti di alcuni pianeti (come il moto retrogrado di Marte), la caduta a terra di sassi più o meno grandi dallo spazio.


 BABILONESI ed EGIZI

Iniziamo da circa 4.000 anni fa.


Nella tavoletta d’argilla del primo millennio a.C., conservata al British  Museum di Londra, si nota  nell’originale (a sinistra) il centro del mondo, Babilonia. Sotto, poniamo l’immagine ricostruita che descrive la prima cosmologia  pervenutaci.

                                         tavoletta babilonese
                                           
                                             la sua ricostruzione

                     
Ed ecco la prima idea del mondo
          


                      la prima idea strutturata del mondo (Sumeri)
                                           immagine più esplicita

Al centro dell’universo, chiuso e limitato, è posta la Terra circondata dal mare. Sopra, aria e cielo, insieme agli astri e ai fenomeni meteorologici. Sotto la Terra, l’inferno (senza dettagliarne la tipologia). Tutto l’universo è contenuto in un mare primordiale, vale a dire dall’acqua  da cui tutto si riteneva avesse avuto origine.


I Babilonesi perfezionarono il sistema di calcolo dei loro predecessori, i Sumeri: la loro astronomia si distingueva  per la ricerca di SEGNI CELESTI PREMONITORI. Nacquero gli DEI e gli EROI, raffigurati nel cielo: entrambi comunicavano le loro volontà al sovrano e al popolo. Coesistevano  ASTRONOMIA e ASTROLOGIA, ossia lo studio dei corpi celesti in quanto tali e le supposte influenze sulla vita degli uomini.
Iniziarono le osservazioni sistematiche, gli studi sui PIANETI, le predizioni di ECLISSI (di Luna e Sole) e di congiunzioni planetarie (allineamenti).
Stabilirono anche una prima orbita lunare, molto in linea con i calcoli odierni. Nella matematica, intorno al II millennio a.C., scoprirono il principio di posizione nel numero: a seconda del posto che una cifra occupava  in un numero completo, il valore di quest’ultimo era diverso. Se prendo una cifra, ad esempio il 4, è ben diverso  scrivere  40,  84, o 4000.
Del pari, il loro sistema di numerazione non era  a base decimale (10), ma sessagesimale (base 60), probabilmente perché connesso alle determinazioni dei valori degli angoli, importanti per la divisione del terreno. Il calendario babilonese era di 12 mesi, con inizio marzo-aprile.
Territorialmente limitrofi ai Babilonesi erano gli  EGIZI.
Nell’antico Egitto l’astronomia  era riservata ai sacerdoti. La figura  rappresenta un dipinto, con molte varianti ritrovate nei templi e nelle tombe egizie: la donna arcuata è NUT, dea del cielo con un corpo di stelle, sostenuta dal dio dell’aria SHU. Sdraiato, il dio della Terra, GEB. Nei dettagli, sopra al cielo si trova il battello del Sole che viaggia sull’acqua del Nilo, che a sua volta scorre lungo lo zodiaco. La figura del faraone è  a destra in basso.


                                            cosmologia egizia
                                           stelle di Orione e piramidi
Nella ricostruzione a destra, il presunto allineamento dei vertici di tre piramidi con le tre stelle della cintura della costellazione di Orione.
Il culto della stella SIRIO (la dea Sothis) era l’elemento distintivo di tutta l’astronomia egizia: quando sorgeva insieme al Sole  era il tempo dell’inizio delle piene stagionali del Nilo. La predizione dell’evento  e la sua gestione era annuncio di prosperità e benessere.
Il calendario era di dodici mesi: 4 mesi di inondazione, con inizio luglio-agosto,4 di semina e 4 di raccolta, a cui si aggiungevano 5 giorni supplementari su luglio. Un calendario di 365 giorni, piuttosto buono, che  Giulio Cesare introdurrà  a Roma.

ALTRE  COSMOLOGIE
Spostandoci ad est, ricordiamo alcune altre idee dei popoli sulla struttura del mondo. Secondo gli antichi Purana indù, la creazione ebbe origine da un grande UOVO COSMICO.  

                                                                                                          
                                      l’uovo cosmico (Brahmanda)  
                                               cosmologia indù       
Mentre, per quanto riguarda la Terra,  si trova sopra il guscio di una tartaruga, a sua volta sostenuta da 4 elefanti (ai punti cardinali), posti  a loro volta sopra una tartaruga più grande. Un enorme serpent (uroboro) richiudeva il mondo, compreso il sole e le stelle.
Il Grande Nord esprimeva  invece, in Scandinavia, una cosmologia  rappresentata da L’ALBERO COSMICO, con le tre Parche che tessono il destino e gli elementi della vita e della mitologia ben evidenti.
                                        cosmologia scandinava
Intorno al 2.000 a.C, in Inghilterra meridionale, a Stonehenge , veniva eretta  un’importante costruzione megalitica, vero e proprio osservatorio astronomico. Serviva  per seguire il corso del Sole, della Luna e delle eclissi. L’allineamento delle pietre consentiva anche la predizione dei punti di levata e tramonto del Sole, della Luna e dei punti degli equinozi e dei solstizi.


                                                Stonehenge oggi 
                                      ricostruzione dell’osservatorio
Dalla parte opposta, in CINA, dove l’imperatore era considerato “figlio dei cieli” e come tale doveva mantenere l’armonia tra Terra e Cielo, l’astronomia dipendente dal sovrano era sviluppata dagli astronomi di corte, che rispondevano anche con la vita del loro lavoro. Dal 2.000 a.C. abbiamo i riferimenti delle loro osservazioni  ed è del 1217 a.C.  la registrazione della prima eclisse solare. Il calendario  era di 340 giorni.
La costellazione più importante era quella del Drago, ma una delle testimonianze più interessanti sono i disegni di comete, apparentemente infantili ma completi di  dettagli osservativi.


                                disegni cinesi di comete (IV sec.a.C.)  
                                            le costellazioni cinesi
Nel continente americano, i MAYA svilupparono un sistema di numerazione e un calendario di 13 mesi insieme a codici iconografici basati su figure di teste (glifi) per completare le operazioni aritmetiche elementari (qui non rappresentate).
                    
                                               la numerazione Maya   
                                il codice di Dresda (Library of Congress)
Il CODICE DI DRESDA  è un libro Maya di 74 pagine che, unite, formano una striscia di 4 metri. Solo 3 libri sono scampati alla furia distruttiva di un intraprendente frate che incendiò gli scritti ritrovati, ritenuti opera del demonio, nel periodo dei Conquistadores. Si è parlato, nel passato, che nel codice fosse  prevista la fine del mondo per il 21 dicembre 2012. In verità, nell’ultima pagina del codice, viene solo prevista una grande inondazione che pone fine a un’era. Le ere Maya erano di circa 5.125 anni.
Per cui, il 22 dicembre 2012, sarebbe dovuta iniziare una nuova era, la quinta. Moltiplicando per 5 la durata di un’era Maya si ottiene 25.625 anni, un periodo molto vicino a quello della precessione degli equinozi oggi pari a circa 26.000 anni.
A sud, nelle Ande, troviamo gli INCAS con gli osservatori astronomici abbarbicati sulle montagne:  sono spesso noti i loro sacrifici umani per sfamare o placare gli dei, situazioni del resto comuni a tutte le civiltà mesoamericane.


                   osservatorio Inca  (tempio del Sole Machu Picchu)
                         osservazione di una cometa (Codice Duran)
Questa breve rassegna che copre i millenni ci porta a dire che l’astronomia degli antichi era portata avanti anche da VISIONARI, nel senso che tale era il miscuglio tra realtà osservativa, immaginazione, ricerca di prosperità, di vittoria, benessere, di  asservimento al potere. 
Lo studio del cielo era profondamente connesso alle vicende umane.
E’ meglio essere chiari: essere visionari non è certo un difetto. Anche oggi, nel grande dibattito sulla scienza moderna, spesso distinguiamo tra “Visionari” e “Artigiani”: alla prima categoria, assegniamo figure come Anassimandro, Newton, Einstein e alla seconda moltissime  figure di altri  scienziati e situazioni collegate  spesso all’uso tecnologico delle scoperte. Cos’è infatti la nostra epoca di computer e telefoni cellulari se non la prova delle applicazioni esponenziali della fisica quantistica, tecnologia elettronica, e tanto altro!
Nel caso specifico dell’astronomia antica, il più grande problema è che bisognava  “immaginare di vedere” i corpi celesti e i loro moti, senza poterli toccare. Si trattava di  un laboratorio unico, non riproducibile con una modellistica a quel tempo impensabile.
Inoltre, la scienza degli Antichi non era ancora misura, esperimento, matematica, deduzione rigorosa: era  costretta a partire da una visione delle cose la cui chiarezza era solo limitata alla distinzione tra terra (sotto) e cielo (sopra).
E’ in una situazione di questo tipo che la “visione” fa un balzo enorme. Siamo debitori ad Anassimandro di questo primo colpo d’ala. Ed è qui che giungiamo ai Greci.

                                                      I  GRECI
Acquisirono  le conoscenze del sapere orientale e lo coniugarono al pensiero scientifico e razionale. Cercavano di capire la natura con il ragionamento (logos) e non più solo con il mito. Si fece strada l’amore per la conoscenza come fine: pur sopravvivendo il mito, si tenderà a  sostituirlo  gradatamente con la razionalità. E, conseguentemente,  venne  tentata anche una prima scissione tra Astronomia e Astrologia.
Già TALETE (626-548 a.C.) sostiene che la Terra è un disco piatto che si regge sull’acqua, ma è il suo allievo ANASSIMANDRO, 2.600 anni fa, a Mileto culla del pensiero razionale, che sviluppa ancor meglio l’idea. La Terra è un grosso sasso (un cilindro) tutto circondato dal cielo, sopra e sotto: “galleggia” nello spazio, senza cadere. Ed è così che egli può spiegare la “ricorsività” dei moti dei corpi celesti (Sole, Luna, Stelle, Pianeti). Lui non sa  perché questo accada, ma è il primo grande passo.


                                                                                                                                         
                                   la Terra è un cilindro  sospeso
                        il mondo di Anassimandro di terre e acque
Con il modello di Anassimandro i corpi celesti possono “passare sotto” la Terra e ricomparire ciclicamente! Karl Popper, uno dei massimi filosofi moderni della scienza,  dice che la visione di Anassimandro è la prima grande rivoluzione cosmologica e una delle più coraggiose e portentose idee nella storia del pensiero.                                                                                                                                                                


PITAGORA (Samo, circa 570-495 a.C.) pare che abbia avuto la prima intuizione della sfericità della Terra: non ci è giunto nulla di scritto, essendo stato il suo un insegnamento orale. Ricordiamo la teoria delle “sfere armoniche”: i pianeti emetterebbero suoni diversi dipendenti dalla  loro velocità di rotazione intorno alla Terra. E’ la MUSICA DELLE SFERE. L’idea sarà ripresa da Keplero.

FILOLAO (470-400 a.C.), studioso pitagorico, è il primo a togliere la Terra dalla posizione centrale del cosmo. La sua idea è che al centro del cosmo vi sia un fuoco primigenio, ente fisico animatore di tutto l’universo: un fuoco centrale dimora di Zeus. Interposta, tra il fuoco e la Terra, un altro corpo: “l’antiterra”. Poi, la Luna, il Sole , i 5 pianeti conosciuti e le stelle fisse, in modo da arrivare  al numero 10, considerato perfetto.    
              
                          

                                    universo del pitagorico Filolao  
                                   le sfere concentriche di Eudosso


PLATONE (427-347 a.C.) sostiene la CIRCOLARITA’ DEI MOTI dei corpi celesti in base all’uniformità e alla perfezione dei cerchi rispetto ad ogni altra traiettoria possibile. Elabora quindi la teoria delle SFERE CRISTALLINE, che “trasportano” nei loro moti attorno alla Terra (immobile) la Luna, il Sole, i 5 pianeti e la sfera delle stelle fisse. Inoltre, comprende che la luce della Luna è riflessa dal Sole.

EUDOSSO (410-350 a.C.) frequenta sia Platone che Aristotele ed elabora il sistema delle SFERE OMOCENTRICHE (unico centro: la Terra). E’ un’idea che diventa pietra miliare nella storia dell’astronomia, in quanto rappresenta il primo approccio scientifico  ad una  strutturazione completa del cosmo. Tenta anche di spiegare le apparenti imperfezioni dei moti planetari, pur mantenendo sempre la Terra al centro del sistema del mondo.

ARISTOTELE (384-322 a.C.) codifica la sfericità della Terra e dei cieli intorno, nei quali scorrono gli astri celesti, elaborando un complesso sistema di 55 sfere che si muovono per descrivere il moto degli astri, sfruttando l’idea precedente di  Eudosso. Questa visione del mondo elaborata dalle civiltà del Mediterraneo, con alcune varianti, giungerà  fino al Medioevo: sarà anche  la visione del cosmo di DANTE (1265-1321 d.C.).

                             

      

              
                                                universo di Dante

Per Aristotele l’universo è diviso in due parti  nettamente contrapposte:  il mondo sub-lunare e quello sovra-lunare. Il primo è composto dai quattro elementi della fisica pre-socratica: terra, acqua, aria, fuoco. Il secondo è composto dalla “quintaessenza” o “etere cosmico”, inalterabile, trasparente, perfetto, incorruttibile.

Nel mondo sub-lunare esistono due tipi di movimento: quello che spinge ogni cosa verso il suo “luogo naturale” ( i corpi pesanti verso la Terra, quelli leggeri verso il Cielo), e quello violento (ad esempio, il lancio di un sasso,…). Nel mondo sovra-lunare esiste solo il movimento circolare, che secondo Aristotele ben si addice alle sfere costituite da etere cosmico.
L’universo è “tenuto in movimento”, ovvero “attratto”, dal Primo Motore Immobile (Dio).

Intanto, si andavano scoprendo importanti dati e il primo di questi è la misura della circonferenza terrestre ad opera di ERATOSTENE (275-195 a.C.).

Famoso il suo calcolo, effettuato considerando le due citta di Siene  ed Alessandria, utilizzando le ipotesi che si trovino sullo stesso meridiano, che la Terra sia sferica, e che i raggi del Sole siano paralleli.
Così al mezzogiorno del solstizio d’estate, con il Sole sulla verticale, un bastone posto nel pozzo a Siene non produce ombra.  Ad Alessandria, invece, l’ombra del bastone ci sarà e sarà la più corta possibile. Era nota la distanza tra le due città (5.000 stadi).
Con una semplice proporzione Eratostene calcolò  la misura della circonferenza terrestre: 250.000 stadi.
Attualizzando la misura e tenendo conto del valore incerto dello “stadio” alessandrino, l’errore di misura è intorno al 3-10%.

Oggi sappiamo che la circonferenza della Terra è circa di 40.000 Km.

                          


                                                     i due pozzi    
                                                   lo schema                


ARISTARCO (310-230 a.C.), qualche decennio prima di Eratostene, ipotizza il primo sistema eliocentrico, nel quale è il Sole al centro del mondo e la Terra e i pianeti gli girano intorno. La Terra gira su se stessa e intorno al Sole, come gli altri pianeti: idea che appare stravagante, perché nulla intorno a noi lascia supporre che ci stiamo muovendo veloci nello spazio. Ancora l’apparenza!  Il modello non ha successo: la Terra al centro del cosmo non si discute. E’ considerato il Copernico dell’antichità. Misura anche la distanza Terra-Sole, ma in modo sottostimato.

IPPARCO (Nicea, 190-120 a.C.) ripete le misure di Aristarco e calcola piuttosto bene la distanza della Luna. Sviluppa modelli di teorie solari e lunari, elenca tutte le eclissi lunari osservate in Mesopotamia fin dall’VIII secolo, compila un catalogo di 1.080 stelle, ma soprattutto scopre la precessione degli equinozi. Pare sia sua l’invenzione dell’astrolabio. Grande geografo, è il primo a mappare la Terra  fino ad allora conosciuta.

                 
               
                                    precessione degli equinozi      
                               
                         spostamento e rotazione dell’asse polare

Con TOLOMEO (100-175 d.C.), astronomo, matematico, geografo, il sistema del mondo è una grande sfera con al centro la Terra immobile: attorno, ruotano una serie complessa di sfere concentriche, ciascuna delle quali porta incastonati i corpi celesti (Sole, Luna, Pianeti). L’ultima sfera è quella delle STELLE FISSE, confine dell’universo.

Nell’ Almagesto egli include ed estende le conoscenze dell’astronomia babilonese e greca, che per circa 2.000 anni avevano prodotto sia osservazioni che  dati e misure.

Il modello tolemaico funzionava piuttosto bene: gli astri non ruotavano esattamente intorno al centro della Terra, ma orbitavano intorno a punti che a loro volta ruotavano intorno alla Terra.

Anche se il sistema era complicato, era perfettamente compatibile con le osservazioni e tutto veniva spiegato.

Fu difficile quindi capire più tardi come mai la teoria fosse concettualmente sbagliata, in base al fatto che  se una cosa funziona non si va tanto per il sottile: spesso la si applica e basta!

La soluzione di Tolomeo durerà 1.500 anni.


           
                                           il modello  di Tolomeo
                                                     Tolomeo


Naturalmente, erano ben note le eclissi di Sole e di Luna, come nel cielo ci fossero stelle in apparenza raggruppate, come a volte comparissero comete o cadessero sulla Terra corpi più o meno piccoli,  in particolare come nel cielo fossero  apparentemente  identificabili figure mitologiche e di vita quotidiana (le costellazioni), come trovare la stella polare che indicava il nord ai naviganti.


                        

                                                      eclissi di Sole  
                                                   eclissi di Luna

                                            cometa  Lovejoy  2015
                                        ammasso di stelle (Pleiadi)

In questo capitolo abbiamo trattato l’evoluzione delle idee sul cosmo come si sono andate sviluppando nel periodo più antico di cui abbiamo testimonianza. Siamo progrediti dalla cultura greca a quella alessandrina, che fissa un primo punto fermo su come si riteneva fosse costituito il mondo.

Dallo studio delle diverse astronomie esce vincente quella di Tolomeo:  la Terra è il centro del cosmo, Sole, Luna e Pianeti le ruotano intorno su orbite complesse con sfere che rotolavano su altre sfere, in una complicata geometria.

       

                  
        deferente- epiciclo 
    

                                              il “cappio” di Marte

Gli elementi che portano le conoscenze  sono: occhio nudo + geometria + matematica.          
                      

      modello tolemaico                                                                                   


Il calcolatore di quel periodo fu la macchina di Anticitera (150-100 a.C.), la più antica, ritrovata un secolo fa nell’Egeo: era un piccolo planetario mosso da ruote dentate e utilizzato per prevedere il moto del Sole, i solstizi, gli equinozi, le fasi lunari e le eclissi. Al museo archeologico di Atene è conservata una sua funzionante riproduzione. Ne ho parlato in questo blog.



 ASTRONOMIA  BIBLICA

Come abbiamo visto, presso le culture egiziana e babilonese la Terra era pensata essenzialmente come piatta:  al di sopra di essa, lo strato delle stelle e al di sotto quello delle acque cosmiche.

In questo contesto culturale si formarono anche i primi libri dell’Antico Testamento. Per alcuni aspetti, come ad esempio la condanna dell’astrologia (cfr. Is 47,12-14) essi si distaccarono profondamente da questa visione, ma per altri si può riscontrare una notevole continuità. La Terra era descritta come una superficie pianeggiante e finita, con al centro la Palestina circondata dal grande oceano i cui limiti non potevano essere attraversati (Gb 26,10).

Si noti come sia possibile trovare nella Scrittura sia una cosmologia bipartita “ cielo e terra”, in cui la Terra viene immaginata come una tela quadrangolare sospesa nel cielo (Is 11,12; Ez 7,2; Gb 37,3), sia una cosmologia tripartita “cielo-terra-mare” (Es 20,11) o “cielo-terra-acque sotterranee”(Es 20,4). Le acque della Terra formano i mari, che si estendono anche sotto di essa; in particolare il  “tehòm” la grande massa delle acque di quell’oceano che sta attorno e sotto la superficie terrestre (Gen 1,2), viene distinta dalle acque celesti che si riversano sulla terra al momento del diluvio “mabbùl” (Gen 6,17).

Il cielo è pensato come una superficie distesa in modo ricurvo che può arrotolarsi (Is 34,4) ed essere lacerata (Is 63,19):  viene indicato con il termine plurale “shàmajim” o con firmamento “ràqia”.  Alcuni autori hanno tentato di ricavare una visione più unitaria (fig.1-46). In ogni caso questa pluralità di rappresentazioni dell’ambiente ci fa comprendere come per la Scrittura non sia primario descrivere la conformazione fisica del cosmo, ma ricordare al credente che il cosmo è opera di Dio.




  Il cielo, la Terra, gli abissi, secondo gli scrittori dell’Antico Testamento (*)

ABC è il cielo superiore, ADC il contorno dell’abisso, AEC il piano della Terra e dei mari. In SSR diverse parti del mare, in EEE diverse parti della Terra. In GHG si ha il profilo del firmamento o cielo inferiore, in KK i serbatoi dei venti, in LL i serbatoi delle acque superiori, della neve e della grandine; M è lo spazio occupato dall’aria nel quale corrono le nubi. In NN le acque del grande abisso, in xxx le fonti del grande abisso. PP è lo Sheol, Q la sua parte inferiore (*).         (*) Elaborazione Schiaparelli

                                           immagine equivalente 


 ASTRONOMIA  ISLAMICA
Dopo la crisi che colpisce circa 2.000 anni fa il mondo scientifico greco l’arrivo degli Arabi nel sud dell’Europa, Spagna, Sicilia, determina il mantenimento di una fiorente cultura astronomica. I nomi delle stelle (Aldebaran, Betelgeuse, Deneb,…) e molti termini (zenith, nadir, azimut…) sono di origine araba. Il corpus degli scritti astronomici islamici è costituito da circa 10.000 manoscritti, molti dei quali non ancora catalogati. Il maggiore impulso al fiorire di questa astronomia è dovuto alle osservazioni religiose, che hanno posto una varietà enorme di problemi matematici e astronomici. La determinazione della Pasqua, il modo di utilizzare le stelle come orientamento, la navigazione, la definizione dell’ora delle preghiere, ne sono esempi. Dice un precetto coranico: “ Ed è Lui che consacrò le stelle a voi affinchè  voi, in questo modo, poteste essere guidati nell’oscurità della terra e del mare”.
Nell’830 d.C., al Khwarizimi introduce i concetti tolemaici nell’astronomia islamica e nell’850 al Farghani corregge la teoria tolemaica sulla base dei dati di astronomi arabi. Tuttavia, gli arabi restano nel sistema geocentrico di Tolomeo: lo perfezionano solo per allinearlo ai propri principi. Solo tra il 1200 e il 1400 autori arabi riassumono le incongruenze del sistema tolemaico, cercando di lanciare modelli alternativi. Molto attivi, in precedenza, gli Osservatori di Damasco e Bagdad, con sofisticati strumenti, per favorire le principali osservazioni astronomiche. E’ del 1420 il grande osservatorio di Samarcanda, i cui resti sono stati scavati nel 1908. Il  sistema di numerazione  arabo , dedotto dagli Indiani, sostituì a poco a poco quello romano, visto che con quello era più semplice rendere gli algoritmi di calcolo.


 

                                           Al-Biruni     Le fasi lunari   
                                       gli strumenti dell’astronomo

L’astrolabio è lo strumento completo principale dell’astronomo del tempo, unitamente a globi celesti e sfere armillari. Ancor oggi, 126 globi celesti arabi sono rintracciabili nel mondo e il più antico è dell’ XI secolo. Invece, non è sopravvissuta alcuna sfera armillare islamica.
            





                                           astrolabio   medioevale   
                             tecniche di osservazioni ad occhio nudo
                                                    IL  MEDIOEVO
Compassi, goniometri, tubi su supporti nei quali mettere l’occhio e scrutare il cielo, insieme all’astrolabio, sono gli elementi più importanti e il  corredo dell’astronomo fino al Medioevo. Si sviluppa l’astronomia “sferica” e la conseguente rappresentazione del mondo. Si perfezionano e nascono altri strumenti di corredo: la sfera armillare, il torquetum, il notturnale, l’orologio astronomico, le meridiane, i quadranti.
Agli inizi del Medioevo, tuttavia, l’astronomia greca era quasi sconosciuta in Europa: non esisteva una cultura astronomica che recepisse  la diffusione dell’Almagesto di Tolomeo. Ostilità di varie nature, pagana, religiosa, lo stesso “odio” verso la cultura antica, erano elementi frenanti per la diffusione del sapere. Citerò solo quei pochi  studiosi che si distinsero per un contributo positivo.
Il primo è SEVERINO BOEZIO (480-525 d.C.), eminente uomo politico durante il regno di re Teodorico. Tradusse in latino molte opere di Aristotele, Platone e altri classici. Non ci sono pervenute opere di carattere astronomico. Boezio, dopo il distacco di Teodorico da Costantinopoli, aveva dispiegato la sua diplomazia per migliorare le relazioni tra il Papa e l’imperatore  cristiano ortodosso di Costantinopoli. Teodorico era ariano. Una serie di  tragiche vicende condusse Boezio alla condanna a morte per tradimento.
Una seconda figura interessante è GIOVANNI FILIPONO (VI secolo), divenuto vescovo di Alessandria, ed autore di una serie di commenti sulla fisica e cosmologia di Aristotele. Ne tentò anche una riduzione alla teologia cristiana. Sua è la  teoria dell’impetus, che precorre in fisica  il concetto di energia cinetica.
SIMPLICIO (490-560)  produce un commentario sia sulla “Fisica” di Aristotele che sul “De Coelo”, descrive nel dettaglio le sfere omocentriche di Eudosso, per finire con un lavoro critico sugli “Elementi di Euclide”.
Viene apprezzato per la sua metodologia di lavoro: riconosce che i suoi commentari ricevono il grande contributo di altri che lo hanno preceduto e non si ascrive meriti che non ha.
BEDA IL VENERABILE (672-735), monaco inglese, scrive il trattato in base al quale risolve il problema della datazione della Pasqua e scopre il meccanismo di durata delle maree.
GERBERTO DI AURILLAC (930-1003), filosofo, teologo, umanista e scienziato. Diventa Papa Silvestro II. Figura di eminente studioso, fu al tempo stesso umanista e scienziato. Costruì personalmente sfere celesti e globi terrestri per l’insegnamento dell’astronomia. Appassionato collezionista, troviamo molti manoscritti latini alla Biblioteca Vaticana. Aveva frequentato scuole arabe a Cordoba e Siviglia ed è un precursore dell’integrazione tra le  diverse culture.
ALFONSO X  DI CASTIGLIA (1223-1284), re saggio e illuminato, accoglie  a corte studiosi arabi, ebrei, cristiani. Le Tavole Alfonsine  rappresentano il prodotto di un consistente lavoro  astronomico nel quale coinvolge gli astronomi del tempo.
FRANCIS  BACON (1214-1294), francescano, si laurea ad Oxford nel 1250. In Opus maius analizza e commenta con acume le opere dei Greci e degli Arabi. Da tolemaico, non esita tuttavia a seguire nuove concezioni dell’universo. Ottimo astronomo e fisico, è un precursore dei tempi moderni.
NICOLA ORESME (1323-1382) di Caen, si laureò in teologia e divenne vescovo. Strenuo oppositore dell’astrologia e critico aristotelico, fu buon cultore di scienze (teoria dell’impetus e moto dei proiettili).
E’ anticipatore della geometria analitica, poiché rappresenta graficamente, su coordinate ortogonali, i moti. Sostiene la rotazione della Terra e ne  fornisce  diverse prove.
In generale l’insegnamento dell’astronomia elementare nelle università medioevali avveniva all’interno del quadrivium, che comprendeva aritmetica, geometria, musica e astronomia.
Con la ripresa dello studio dell’astronomia, rifiorì anche l’astrologia. Nelle corti e presso la gente comune gli astrologi esercitavano la loro attività, spesso con manuali tradotti dall’arabo e in contrasto con la dottrina della Chiesa.


                
                                               astronomia sferica  
                                                    

                                 varie altezze del Sole nell’anno
      
         
                                            la  sfera armillare  
                                         i cerchi massimi della sfera
Un esempio del livello tecnico raggiunto, al termine di questo percorso sugli strumenti, è l’orologio di Praga costruito nel 1410, ristrutturato e completato  nel 1490 e 1552. Seriamente danneggiato dai tedeschi nel 1945 e risistemato, ha ripreso a funzionare nel 1948.
     
                                          orologio di Praga                                              
                            le innumerevoli funzioni dell’orologio
Il quadrante è a forma di astrolabio. Sono rappresentate le costellazioni, il moto del Sole e della Luna, l’alba e il tramonto nelle diverse stagioni.  Importanti strumenti di misurazione del tempo sono le meridiane, già sviluppate da Indiani e Greci e perfezionate dagli Arabi (che le utilizzavano nelle moschee per l’ora della preghiera). Sono giunte fino a noi  anche come interessanti abbellimenti di case padronali o autocostruzioni amatoriali, quasi sempre corredate da “motti” e dalle coordinate geografiche e astronomiche del luogo.
             
                                           meridiana provenzale   
                                meridiana tradizionale con motto
           
                                            meridiana altoatesina 

                                            meridiana a Noale (VE)




Riassumendo le diverse visioni del cosmo si può dire che:
-        Osservando le stelle, esse appaiono muoversi lentamente e all’unisono, in modo sincrono, e girare intorno ad una stella fissa (Stella Polare) che si trova sul prolungamento dell’asse terrestre. Gli antichi pensavano quindi che questi puntini brillanti facessero parte di una sfera solida in movimento: il lieve spostamento della sfera avrebbe prodotto il movimento d’insieme di ogni altra stella. Il cosmo era finito e chiuso dalla sfera delle “stelle fisse”.
-        Esistevano anche, oltre alle stelle fisse, puntini brillanti e con traiettorie indipendenti. I  Greci li chiamarono “pianeti”, che per loro voleva dire “erranti”: erano 5, visibili ad occhio nudo. Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno. La lista degli astri era completata da Sole e Luna.
-        Tutto sembrava girare intorno a noi , mentre la Terra stava ferma. Abbiamo detto come i nostri sensi ci  ingannino. In tale contesto diventa difficile pensare ad idee non in linea con le apparenze ed è per questo che è dovuto trascorrere tanto tempo prima di modificarle.
-        Abbiamo percorso, in 4 puntate, la storia antica delle idee sul cielo. Credo ne sia valsa la pena.

In seguito entreremo nel mondo copernicano, che segna l'inizio dell'era della rivoluzione scientifico-astronomica.
                                                                                                                                                     FINE

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